Goggia: "Mi alleno con gli uomini per migliorare. Servirebbe anche a loro..."

Intervista alla sciatrice bergamasca: "Dovrei essere più fiera di me stessa, invece scaccio fantasmi e sono troppo critica"

La metafisica di Sofia Goggia. Più che sci, una filosofia di vita che va oltre la contingenza del cronometro, finanche della realtà. Cause prime apparentemente surrealiste, come certe pieghe in pista. Ma a tutto c’è una spiegazione. E conduce in un luogo: il cuore. Il cuore di Sofia, con tutte le sue connessioni. La sua forza, come dice lo slogan della pubblicità che sta portando la campio n essa di Bergamo nelle case degli italiani come non succedeva dai tempi di Alberto Tomba («era ora») e con trucco e parrucco («così richiedono»). E in arrivo c’è una nuova versione girata in pista nei giorni scorsi in Val di Fassa, dove Sofia ha preparato l’appuntamento più atteso della stagione: il lungo weekend di Cortina che assegna il titolo di Queen of Speed, Regina della Velocità.

Due discese e un superG da domani, con la prima prova che ieri ha messo in evidenza Federica Brignone (3ª) mentre Goggia ha sbagliato alle Pale del Rumerlo, uno dei passaggi iconici dell’Olympia delleTofane, e alzato il piede dall’acceleratore (20ª), conoscendo ogni centimetro della pista più amata. Il suo guardino di casa elettivo, dove ha vinto tre volte. Compreso nel 2022, il giorno prima di lesionarsi un ginocchio in superG e costringersi al miracolo di Pechino 2022: l’argento olimpico su una gamba sola. Cortina che significa di nuovo cinque cerchi, fra due anni. Cortina che dopo la vittoria scaccia fantasmi di Altenmarkt l’ha spinta a rinunciare alla trasferta di gigante a Jasna per preparare al meglio la velocità. Cortina dove Sofia è arrivata martedì e per prima cosa è andata ad ammirare al Museo Rimoldi la mostra di Giorgio De Chirico, maestro della metafisica e del surrealismo. Il suo modo di gareggiare ed essere, perché sciare è un arte. D’impatto.

Sofia, quant’è forte e conta la connessione con se stessa, come persona? «Fondamentale. Quando ho delle giornate in cui sono disconnessa, è come se fossi dissociata, quando invece sono lucida in ogni gesto che faccio, sono connessa con me stessa. Sostanzialmente ci sono volte in cui sono più convinta di me stessa e altre in cui lo sono meno».

E come fa quando non lo è o non ci riesce? «Se è una giornata no lo capisco subito quando mi alzo. In quel caso cerco di attuare il mio protocollo per rimettermi in equilibrio e focalizzarmi sulle cose giuste da fare. Che poi significa provare le emozioni giuste».

Può raccontarci qual è questo protocollo? «Mi ascolto e cerco di agganciarmi alla parte che mi può trascinare. La chiave per me è ascoltare bene il cuore. So che può far ridere, ma è così. Io ascolto tutti i giorni cosa dice il mio cuore e quali emozioni mi fornisce. Sostanzialmente è lui che mi dice come sta Sofia. Per me la chiave è prendere in braccio la bambina che sono sempre stata e unirla con le consapevolezze della donna adulta che ormai sono».

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È la persona che vorrebbe essere? (sorride) «Oh perbacco... Work in progress, ci sto lavorando».

Invece la sciatrice, è quella cui ambisce essere? «Vale la stessa risposta. Anche su questo fronte sto ancora lavorando».

In che cosa? «Se mi guardo indietro, ai risultati della mia carriera, probabilmente ho vinto molto di più di quello che avrei sognato di vincere da bambina, ma ho la consapevolezza di poter dare molto di più e voglio continuare a cercare di esprimere quel potenziale che ancora non ho espresso e a continuare a scoprirmi. Non si smette mai di evolvere. Detto questo, forse dovrei guardare con più fierezza a me stessa e alla sciatrice che sono, invece nelle mie analisi introspettive, praticamente ogni giorno, mi metto sempre sotto una luce molto molto critica».

Perché? «Perché sono fatta così».

In questa stagione in cosa si è criticata di più e invece cosa le è piaciuto di più? «Mi sono messa in discussione un po’ perché nel percorso intrapreso sul gigante, del quale sono molto contenta, non sono riuscita ad osare e fare di più come riesco in allenamento. Ma lo sport non è aritmetica. Ho anche contestato a me stessa la paura che avevo ad Altenmark, ma allo stesso tempo la cosa di cui sono più fiera è stato proprio lo switch dalla caduta in superG alla vittoria in discesa».

In effetti l’abbiamo vista piangere: Sofia così dura in pista e così fragile fuori. «Penso di essere una ragazza che vive molto tutto quello che fa con intensità. Forse per quello arrivo alla gente. In me l’euforia e la felicità per una vittoria sono molto meno alte nel loro picco rispetto al dolore di una gara andata male per non essere riuscita ad esprimersi come volevo o non essere riuscita ad essere me stessa. Quel giorno ad Altenmark avevo davvero dei fantasmi che mi tormentavano».

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Quella pista rappresentava quello per lei? «Assolutamente. Il ricordo della caduta del 2022, il pensiero di non essere mai andata forte, il periodo di inizio anno legato a tanti infortuni... L’ammetto, in ricognizione piangevo. Ho pianto mattina e sera. So che può sembrare paradossale, ma io posso presentarmi al cancelletto con una mano scotchata e sanguinante perché operata poche ore prima e vincere, ma anche vivere giornate così cupe».

Qual è invece la connessione con l’Olympia delle Tofane? «È la pista del mio cuore, che amo. Anche per essere un po’ old fashion. Chi di dà di più emotivamente e visivamente della vecchia seggiovia tre posti che dal Duca d’Aosta ti porta alle Tofane? E poi Cortina rispecchia i miei picchi, quelli di felicità ma anche i down emotivi. Solitamente la mia sciata riflette quello che ho nel cuore quel giorno, su questa pista ancora di più. Mi ha dato gioie immense ma anche degli errori e dolori pazzeschi».

Si riferisce al crac del 2022 prima delle Olimpiadi? «Se ripenso a quella cunetta, il giorno del superG quando mi sono fatta male e ho dovuto affrontare i Giochi dopo un mese con una gamba sola, ho perfettamente in mente che quella cunetta l’avevo vista in ricognizione. Ma poi in gara sono partita senza pensarci più. Ed è a volte un mio problema caratteriale: vedere il pericolo, ma comportarmi come se non vi fosse».

La sciata di quest’anno dimostra che molto è cambiato. «Vero. Sono più solida e più stabile, magari con meno picchi».

Un altro grande cambiamento di questi mesi è che non si parla più della sua vita privata. Non fa più gossip... «Io vorrei che si parlasse di me solo per le mie imprese sportive, almeno fin che scio. Ed è bene così. Reputo giusto tenere una sfera propria privata, altrimenti se dai in pasto tutto a tutti di te non rimane nulla. Detto ciò non è un crimine avere una propria vita privata. Per me c’è una differenza sostanziale tra il nascondere e tenere privato a livello concettuale. Io faccio la seconda cosa. Giusto che si parli di me come sciatrice, perché è il mezzo con cui entro nelle case. Io sono una sciatrice, punto».

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Che effetto le ha fatto vedere Federica Pellegrini diventare mamma? «Eh, quello degli anni che passano... Sono molto contenta per lei, con questo ragazzo ha trovato la sua dimensione. È felice, vive il suo sogno».

Vi vedrete meno visto che ha rotto con il suo preparatore atletico di Verona... «Sono molto grata del percorso che abbiamo fatto insieme. Flavio (Di Giorgio, ndr) mi ha aiutata in momenti veramente difficili, come l’incidente qui a Cortina pochi giorni prima di Pechino 2022. E capisco che la nostra vita sia stressante, perché siamo in giro 250 giorni l’anno al freddo, magari con tensioni in squadra e gente che non ti sei scelto... Ma le tempistiche e le modalità, visto che sono stata scaricata alla vigilia di Natale senza neppure un preavviso, non sono da professionista».

Ha detto che il ritorno con Matteo Artina, il preparatore di PyeongChang 2018, è una prima toppa. «Se ti piove dal tetto cosa fai? Lasci che l’acqua entri perché ti si sono rotte le tegole e non ne hai nuova oppure trovi una soluzione immediata finché passa il temporale? Io ho fatto così ed è stata già una fortuna che Matteo sia stato disponibile. Intanto ho chiesto di lavorare con me fino alla fine della stagione, poi fa remo le nostre valutazioni e ci penseremo».

Giorgio Rocca ci ha detto che gli uomini per uscire dalla crisi dovrebbero allenarsi con lei, Brignone e Bassino: lei vorrebbe farlo? «Io l’ho già fatto in passato e ho già deciso che la prossima estate, per il lavoro in discesa, non andrò più a Ushuaia ma in Cile per allenarmi con gli uomini. Allenarsi con chi è più forte di te ti alza l’asticella. Io sono fautrice di questo. Detto ciò nelle discipline tecniche, in gigante soprattutto, sono più gli uomini che hanno bisogno di allenarsi con Fede che lei con loro...».

Siamo alla fine, torniamo alle sue connessioni: ma c’è un luogo dove riesce a staccare, a non essere connessa? «Sì, ed è anche il luogo dove io ho più connessione con me stessa: la mia baita in Valle d’Aosta, lontano da tutto e tutti, fuori dal mondo. Lì lascio le connessioni fuori e mi connetto dentro. Ci vado una volta all’anno, purtroppo, ma sono i tre giorni più belli dell’anno. Lì vivo momenti magici».

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La metafisica di Sofia Goggia. Più che sci, una filosofia di vita che va oltre la contingenza del cronometro, finanche della realtà. Cause prime apparentemente surrealiste, come certe pieghe in pista. Ma a tutto c’è una spiegazione. E conduce in un luogo: il cuore. Il cuore di Sofia, con tutte le sue connessioni. La sua forza, come dice lo slogan della pubblicità che sta portando la campio n essa di Bergamo nelle case degli italiani come non succedeva dai tempi di Alberto Tomba («era ora») e con trucco e parrucco («così richiedono»). E in arrivo c’è una nuova versione girata in pista nei giorni scorsi in Val di Fassa, dove Sofia ha preparato l’appuntamento più atteso della stagione: il lungo weekend di Cortina che assegna il titolo di Queen of Speed, Regina della Velocità.

Due discese e un superG da domani, con la prima prova che ieri ha messo in evidenza Federica Brignone (3ª) mentre Goggia ha sbagliato alle Pale del Rumerlo, uno dei passaggi iconici dell’Olympia delleTofane, e alzato il piede dall’acceleratore (20ª), conoscendo ogni centimetro della pista più amata. Il suo guardino di casa elettivo, dove ha vinto tre volte. Compreso nel 2022, il giorno prima di lesionarsi un ginocchio in superG e costringersi al miracolo di Pechino 2022: l’argento olimpico su una gamba sola. Cortina che significa di nuovo cinque cerchi, fra due anni. Cortina che dopo la vittoria scaccia fantasmi di Altenmarkt l’ha spinta a rinunciare alla trasferta di gigante a Jasna per preparare al meglio la velocità. Cortina dove Sofia è arrivata martedì e per prima cosa è andata ad ammirare al Museo Rimoldi la mostra di Giorgio De Chirico, maestro della metafisica e del surrealismo. Il suo modo di gareggiare ed essere, perché sciare è un arte. D’impatto.

Sofia, quant’è forte e conta la connessione con se stessa, come persona? «Fondamentale. Quando ho delle giornate in cui sono disconnessa, è come se fossi dissociata, quando invece sono lucida in ogni gesto che faccio, sono connessa con me stessa. Sostanzialmente ci sono volte in cui sono più convinta di me stessa e altre in cui lo sono meno».

E come fa quando non lo è o non ci riesce? «Se è una giornata no lo capisco subito quando mi alzo. In quel caso cerco di attuare il mio protocollo per rimettermi in equilibrio e focalizzarmi sulle cose giuste da fare. Che poi significa provare le emozioni giuste».

Può raccontarci qual è questo protocollo? «Mi ascolto e cerco di agganciarmi alla parte che mi può trascinare. La chiave per me è ascoltare bene il cuore. So che può far ridere, ma è così. Io ascolto tutti i giorni cosa dice il mio cuore e quali emozioni mi fornisce. Sostanzialmente è lui che mi dice come sta Sofia. Per me la chiave è prendere in braccio la bambina che sono sempre stata e unirla con le consapevolezze della donna adulta che ormai sono».

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