Stefano Marinelli: «Voglio vincere insieme ad AISM»

Il campione in carica di Rally nella categoria R1, si confida riguardo le aspettative per questa stagione, senza dimenticare il progetto di cui è testimonial per l'Associazione Italiana Sclerosi Multipla
Stefano Marinelli: «Voglio vincere insieme ad AISM»

Lo scorso anno, per Stefano Martinelli, è stato davvero un anno d’oro. Il pilota toscano infatti ha vinto il titolo di campione italiano di Rally R1 e nella stagione appena iniziata spera di poter continuare a fare bella figura. Il lavoro è stato tanto, così come l’impegno, e con la macchina nuova da addomesticare crescono le difficoltà per bissare il risultato. Come se ciò non bastasse, Stefano ha deciso di portare avanti anche un’altra gara, quella contro la Sclerosi Multipla. Insieme a Sara Baldacci, il suo navigatore che convive con la malattia, vogliono far capire l’importanza del lavoro di ricerca di AISM e quanto sia fondamentale non mollare mai. 

 

Partiamo con lo sport. Quali sono le caratteristiche della categoria R1 in cui gareggia?

«La mia categoria, la R1, di cui siamo campioni italiani uscenti è una categoria che deriva da macchine prettamente di serie. Non vengono apportate modifiche né al cambio né al motore, ma solo alla marmitta e all’assetto della vettura per renderla più performante nelle curve. È una categoria abbastanza difficile rispetto alle altre perché con una macchina di tutti i giorni bisogna cercare di riuscire a stare ai livelli di velocità delle macchine da corsa».

Ma da dove nasce la sua passione per questa disciplina? E perché proprio il Rally e non la pista?

«È una passione viscerale. Ho iniziato da bambino, a 5 anni, con il mio papà ad andare con il carroattrezzi a vedere le prove, perché lui, oltre a essere carrozziere, faceva servizio di assistenza alla competizione con un mezzo di soccorso. Io ho iniziato da lì e non mai voluto praticare altri sport. Il rally mi è entrato dentro e ho visto sempre e solo quello». 

 

Quest’anno il campionato è appena iniziato e la prossima gara verrà disputata a Sanremo. Lei è il campione uscente: cosa si prova? C’è più pressione a difendere il titolo o a vincere il prossimo?

«Vincere il titolo lo scorso anno ha rappresentato la realizzazione del sogno che avevo fin da bambino. Credevo di essere tranquillo e invece mi rendo conto di sentire un po’ la pressione. Oltretutto quest’anno ci siamo messi ancora di più in gioco: abbiamo cambiato vettura, non più la classica 1600 aspirata con cui ho vinto lo scorso campionato, ma con la nuovissima 1000 turbo/3 cilindri che è di concezione totalmente nuova. Devo dire che sono soddisfatto, la macchina ha risposto bene». 

 

Parliamo invece dei ruoli in auto, fra pilota e navigatore. Che rapporto c’è trai due? 

«Esiste un rapporto di sinergia estrema. Siamo due persone in una macchina ma che in realtà sono una. È il navigatore che mi permette di andare a una certa velocità e di non correre rischi. Ti devi fidare ciecamente. Ho grande fortuna: io e Sara siamo cresciuti insieme, ci conosciamo da una vita e quest’anno ci siamo ritrovati in abitacolo insieme, nonostante le nostre ultime gare insieme risalissero a tanti anni fa. Io mi fido completamente di lei e i risultati si vedono. Il lavoro di Sara è molto più difficile del mio: oltre a essere precisa e attenta, deve avere fiducia in me perché sono io che guido». 

 

Con Sara Baldacci non siete solo compagni di abitacolo ma gareggiate per portare avanti anche un’altra importante sfida, ovvero il progetto con AISM.

«Io tengo molto al progetto con AISM. Per me è davvero importante e per questo devo ringraziare Sara che fa parte dell’associazione, direttamente e indirettamente. Io non ne sapevo molto ma grazie a lei, che convive con questa malattia, mi sono inserito nel progetto e sto cercando di portarlo avanti nel miglior modo possibile. È importante parlare: bisogna fare chiarezza sul problema, bisogna far conoscere l’associazione così da far capire a chi ancora non lo sa, sia appassionati della mia categoria che non, l’importanza della ricerca per questo tipo di malattia». 

 

Quello che emerge dalle sue parole e dal lavoro che insieme a Sara state facendo è un messaggio forte. Si evince che, nonostante il problema, c’è la voglia di mettersi in gioco continuamente. È così?

«Sara ha una grinta da fare invidia. E io sono molto felice che il nostro messaggio arrivi perché ci crediamo davvero. È troppo importante. Sto imparando piano piano a conoscere la sclerosi multipla e sono rimasto sbalordito dai risultati che la ricerca sta facendo. Ma credo che si possa fare sempre di più e dunque questo è quello che voglio far capire a tutti». 

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