Chi era Boiocchi: Inter, la Curva Nord? Delinquente, spacciatore, 10 condanne e 26 anni di galera

Dai rapporti con le mafie al traffico di stupefacenti e all'estorsione: tutto sullo storico capo ultras dei Boys ucciso sabato a Milano
Chi era Boiocchi: Inter, la Curva Nord? Delinquente, spacciatore, 10 condanne e 26 anni di galera

Durante l'intervallo di Inter-Sampdoria di sabato scorso è arrivata la notizia della morte di Vittorio Boiocchi, storico capo ultras della Curva Nord nerazzurra. Una notizia che ha scossa il mondo del tifo organizzato della Beneamata che, ritirati gli striscioni e ammutolito per tutti i primi 45', ha poi costretto in maniera violenta tutti i tifosi a lasciare la curva durante l'intervallo. Una decisione che ha causato svariate polemiche e che apre un dibattito sul mondo che gira intorno e dentro le curve italiane. Ma chi era Vittorio Boiocchi?

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Boiocchi, dal comando della Curva Nord alle condanne

Di certo non era uno stinco di santo dato che dei 69 anni vissuti su questa terra ben 26 e tre mesi li ha trascorsi in carcere. Boiocchi era lo storico capo ultras dei Boys, uno dei gruppi organizzati del tifo nerazzurro. Nonostante la fede calcistica, la voglia di primeggiare e "comandare" la curva nel settembre del 2019 portò a una scazzottata con l'altro volto noto dell'ambiente ultras interista, Franco Caravita. In un'intercettazione raccolta dalle forze dell'ordine Boiocchi si vantava di guadagnare circa 80mila euro al mese tra parcheggi e biglietti: "Finalmente siamo riusciti a fare una bella cosa con la gestione dei parcheggi, con 700-800 biglietti in mano, due paninari a cui abbiamo fatto avere il posto che ci danno una somma ad ogni partita". "Lo zio", come era soprannominato in Curva Nord, aveva alle spalle una vera e propria carriera criminale con rapporti diretti anche con le mafie: dal traffico di stupefacenti all'estorsioni, con la connivenza prima della mala del Brenta, poi con Cosa nostra e alla fine con la ‘ndrangheta, a seconda di chi comandava gli affari criminali nel capoluogo lombardo. Sono ben 10 le condanne, tutte definitive, che Boiocchi ha riportato per associazione a delinquere, traffico internazionale di stupefacenti, ricettazione, porto e detenzione illegale di armi, sequestro di persona e furto. Ma a preoccupare sempre di più la forze di polizia sono stati i suoi rapporti con le mafie.

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Boiocchi e i rapporti con le mafie

Già nel 1996 Boiocchi faceva parte di un sodalizio criminale che importava cocaina dalla Colombia. Di questo stesso gruppo Giuseppe e Stefano Fidanzati, due uomini vicini alla cosca Mannino della mafia siciliana. Ma, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti a suo tempo, anche Boiocchi e i fratelli Fidanzati collaboravano anche con la Mala del Brenta. Più di recente, invece, lo si riteneva più contiguo alla ‘ndrangheta, diventata nel frattempo l'organizzazione criminale predominante anche a Milano e in Lombardia. Nel 2020 è infatti stato visto diverse volte ai tavoli del bar Calipso in via Correggio insieme a Vincenzo Facchineri, ritenuto "diretto appartenente della ‘ndrina Facchineri e fratello di Luigi, divenuto boss dell’organizzazione criminale" Anche se, in realtà, è stato visto anche in compagnia di Antonio Francesco Canito, esponente del "clan Magrini, famiglia appartenente alla malavita barese", si legge nelle carte processuali più recenti. 

Boiocchi e la "carriera criminale": chi era il capo ultras ucciso a Milano 

maggio di quest’anno la Cassazione aveva bocciato il ricorso di Boiocchi per i 5 anni di Daspo che aveva ricevuto dopo gli scontri del 2018 prima di Inter-Napoli che avevano portato alla morte di Dede Belardinelli. L'allora capo ultras doveva rimanere, nei giorni in cui i nerazzurri giocavano al Meazza, a due chilometri dallo stadio. Il provvedimento era arrivato a metà del 2021, quando la questura aveva richiesto nei confronti di Boiocchi una misura di sorveglianza speciale per la durata di due anni e due mesi, con annesso divieto di avvicinamento all'impianto. Sempre lo scorso anno, dopo parecchio tempo trascorso dietro le sbarre, non appena era tornato a piede libero, l'uomo si era reso protagonista di un altro atto criminale ed era stato colto sul fatto, e dunque arrestato, dagli agenti della Squadra mobile, trovato in possesso di una pettorina della guardia di finanza, un taser, una pistola non immatricolata con munizioni, un coltello e manette. L’attrezzatura, questo il sospetto delle forze dell’ordine, serviva per un’estorsione. Boiocchi era stato anche indagato nell’inchiesta della Procura di Milano che aveva portato all’arresto di tre persone per tentata estorsione aggravata. I delinquenti avevano chiesto due milioni di euro a un imprenditore, titolare di una ditta che offre servizi di pulizie negli appalti sanitari. “Tu devi fare quello che ti diciamo noi, altrimenti ti ammazziamo“, queste le minacce degli arrestati. E ancora: “Fai il bravo, conviene a tutti”. La lista di condanne hanno portato gli inquirenti a indagare più sui rapporti con la malavita che nell'ambiente calcistico per individuare i responsabili dell'assassinio che si è consumato sabato a Milano poco prima del fischio d'inizio di Inter-Sampdoria. 

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