Ci vuole coraggio e onestà intellettuale per ammettere gli errori, soprattutto in un Paese dove la colpa è sempre degli altri. Non è, quindi, un merito da poco quello di Gianluca Rocchi che ieri si è presentato e ha elencato otto sbagli piuttosto gravi, occorsi nel girone di andata. E proprio la trasparenza con la quale il designatore ha analizzato, senza nascondersi dietro troppe supercazzole, è la prima garanzia del fatto che di errori si tratta, non di pezzi di un complotto finalizzato a regalare lo scudetto all’Inter.
È importante sottolinearlo perché spazzare via i sospetti consente di analizzare con maggiore lucidità la situazione che, per essere onesti e diretti come Rocchi, non è bella per niente. Anzi è preoccupante. Perché nel bel mezzo di uno dei più appassionanti duelli scudetti degli ultimi anni, scopriamo che sono tanti, troppi, gli errori che stanno condizionando la corsa di Inter e Juventus, con uno sbilancio consistente a favore dei nerazzurri. E questa non è l’opinione di un tifoso che, bava alla bocca, sfoga compulsivamente la sua livorosa frustrazione sui social network, ma il giudizio certifi cato dal designatore arbitrale, l’arbitro degli arbitri.
Rimaniamo convinti, e resta una granitica certezza, che un campionato di 38 giornate non possa essere deciso da una manciata di errori arbitrali e che viene vinto, verrà vinto ed è stato sempre vinto dalla squadra più forte e continua. Tuttavia, è difficile affermare la “legge del più forte” nel nostro calcio, dove le radici del sospetto affondano profonde nella narrazione da almeno trent’anni e la dietrologia viene assunta con il caffè del mattino, tipo vitamina.