La nuova Juve torni quella... vecchia. Comolli e Chiellini, sentito Gasperini?

Se un allenatore preferisce la Roma ai bianconeri su base razionale e non emotiva, la Vecchia Signora ha un problema

"È vero, mi hanno chiamato. Ho avuto la sensazione che la Roma fosse la strada giusta da percorrere, una situazione fantastica". Servirà del tempo per sapere se Gian Piero Gasperini ha avuto la «sensazione» giusta, ma per la dirigenza e la squadra della Juventus, non è questo il punto. Il punto è quale idea il mondo del calcio ha, oggi, del club. Che percezione ha della sua solidità e della credibilità delle sue ambizioni. Se un allenatore preferisce la Roma alla Juventus e lo fa - badate bene - su base razionale e non emotiva, la Juventus ha un problema.

Dove ripartire, cosa costruire

E questo senza che la Roma e i suoi tifosi si offendano (anzi dovrebbero essere orgogliosi), perché negli ultimi quindici anni la Juventus ha vinto 9 scudetti, 6 Coppe Italia, 5 Supercoppe Italiane, disputato due finali di Champions e avuto in rosa campioni di livello planetari; la Roma ha vinto una Conference League. Le parole di Gasperini devono, però, far capire a Damien Comolli e Giorgio Chiellini e tutti quelli che stanno sotto (e, perché no, sopra) da “dove” devono ripartire e “cosa” devono costruire. Non c’è solo il problema tecnico di creare una squadra forte con un allenatore forte, c’è anche una facciata sulla quale sono comparse troppe crepe e che, evidentemente, non ispira più i sentimenti che ha sempre ispirato: il timore e il rispetto di chi stava fuori, orgoglio e sicurezza di chi era dentro. Fino a qualche anno fa, giocare allo Stadium metteva soggezione e agli avversari. Ultimamente, l’impianto dei nove scudetti consecutivi sembra mettere coraggio, spingendo all’impresa anche le più piccole provinciali.

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Dal no di Di Natale a CR7

Sarà un compito duro per la nuova Juventus tornare a essere la vecchia Juventus, ma serve molta, moltissima umiltà. E non c’è niente di disdicevole: la storia bianconera è già passata di lì tante volte. Per esempio, neanche troppo tempo fa, nell’estate del 2010, Totò Di Natale disse no alla Juventus, restando all’Udinese. Otto anni dopo, mica un secolo quindi, alla Juventus diceva sì un certo Cristiano Ronaldo. In quegli otto anni, la dirigenza bianconera puntò solo su chi credeva orgogliosamente nell’idea di Juventus, ma soprattutto face ogni cosa possibile per restaurarla, quell’idea. Ieri, mentre Gasperini, a Roma, spiegava le sue scelte, negli Stati Uniti, Tudor ribadiva il suo ottimismo sulla forza della rosa bianconera, dimostrando una fiduciosa e solida juventinità. È un buon punto di partenza, ma il lavoro da fare resta molto.  

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"È vero, mi hanno chiamato. Ho avuto la sensazione che la Roma fosse la strada giusta da percorrere, una situazione fantastica". Servirà del tempo per sapere se Gian Piero Gasperini ha avuto la «sensazione» giusta, ma per la dirigenza e la squadra della Juventus, non è questo il punto. Il punto è quale idea il mondo del calcio ha, oggi, del club. Che percezione ha della sua solidità e della credibilità delle sue ambizioni. Se un allenatore preferisce la Roma alla Juventus e lo fa - badate bene - su base razionale e non emotiva, la Juventus ha un problema.

Dove ripartire, cosa costruire

E questo senza che la Roma e i suoi tifosi si offendano (anzi dovrebbero essere orgogliosi), perché negli ultimi quindici anni la Juventus ha vinto 9 scudetti, 6 Coppe Italia, 5 Supercoppe Italiane, disputato due finali di Champions e avuto in rosa campioni di livello planetari; la Roma ha vinto una Conference League. Le parole di Gasperini devono, però, far capire a Damien Comolli e Giorgio Chiellini e tutti quelli che stanno sotto (e, perché no, sopra) da “dove” devono ripartire e “cosa” devono costruire. Non c’è solo il problema tecnico di creare una squadra forte con un allenatore forte, c’è anche una facciata sulla quale sono comparse troppe crepe e che, evidentemente, non ispira più i sentimenti che ha sempre ispirato: il timore e il rispetto di chi stava fuori, orgoglio e sicurezza di chi era dentro. Fino a qualche anno fa, giocare allo Stadium metteva soggezione e agli avversari. Ultimamente, l’impianto dei nove scudetti consecutivi sembra mettere coraggio, spingendo all’impresa anche le più piccole provinciali.

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