Claudio Gentile, il mastino degli anni ’70 e ’80

Jolly difensivo della Juventus per undici stagioni, sei volte campione d'Italia in bianconero. Leggendarie le marcature su Zico e Maradona a Spagna '82
Claudio Gentile, il mastino degli anni ’70 e ’80

C’è un Claudio Gentile che riconoscono tutti: quello dei Mondiali in Spagna, in marcatura su Maradona o su Zico, con i baffi folti e un fisico statuario. Incollato all’avversario. Asfissiante e determinato. Per l’Avvocato Agnelli è Gheddafi, perché è nato in Libia. Per Gianni Brera è il Feroce Saladino, stratega e condottiero. Claudio, in realtà, è un bambino che tira i primi calci nelle strade di Tripoli, in mezzo alla polvere del deserto. Quei calci non sempre colpiscono il pallone: dopo scuola ci sono i figli degli italiani da una parte, gli arabi dall’altra. Le partite iniziano tra i sorrisi ingenui dei bambini, tutti rigorosamente senza scarpe, e finiscono con botte da orbi. Per questo i calci di Claudio, spesso, prendono le gambe degli avversari. In quelle occasioni, giorno dopo giorno, il carattere del ragazzo si tempra. Capisce che bisogna lottare: ogni contrasto è una battaglia. 

COMBATTERE -  L’unico modo per uscire dalla guerra da vincitori è combattere e combattere. Quando la famiglia torna in Italia all’inizio degli anni ‘60, Claudio cresce calcisticamente tra Maslianico, Varese e Arona. È un vero jolly difensivo: può giocare terzino, stopper e mediano. Non perde mai la marcatura, è pronto a mordere le caviglie avversarie e a far ripartire l’azione. Il fisico lo aiuta e la cattiveria è intrinseca nel DNA. Arriva alla Juventus a 19 anni, ma trovare un posto da titolare è difficile: sulla fascia ci sono Marchetti, Spinosi e Longobucco. Inizialmente Claudio è la riserva di Furino e gioca centromediano, un ruolo che non gli calza a pennello, ma che ricopre egregiamente. Trova continuità e le prestazioni calano. Gentile sa che oltre a dimostrare di essere calciatori, per giocare alla Juventus, bisogna dimostrare di essere uomini. La volontà, lo spirito di sacrificio e anche gli incontri giusti lo portano lontano. Il suo primo vero maestro è ?estmír Vycpálek, uno che sa cosa significa lottare: un cecoslovacco di Praga sopravvissuto a Dachau e con un occhio impareggiabile per lanciare i giovani. Nel 1973 la Juventus arriva in finale dei Coppa dei Campioni e perde contro l’Ajax di Johann Crujiff, ma i Lancieri si rifiutano di giocare l’Intercontinentale: i sudamericani sono troppo violenti e quindi tocca ai bianconeri sfidare l’Independiente. Capello e Furino sono assenti, Claudio gioca e prende tante di quelle botte che crede di essere tornato in mezzo alle strade di Tripoli. La Juve prende due traverse con Bettega e Altafini, sbaglia un rigore con Cuccureddu e a 10’ dal termine subisce il gol di Ricardo Bochini. Guarda un po’, quel numero 10 dell’Indipendiente è l’idolo del numero 10 più famoso d’Argentina, quello che Gentile annullerà in Spagna nel 1982. 

I TRIONFI IN BIANCONERO - In quella partita del 1973 Vycpálek gli grida: «Ragazzo, se non ti svegli ne esci distrutto». Ecco, lì nasce il Gentile che tutti i tifosi juventini ricordano. Quell’Intercontinentale segna il punto di partenza di una carriera straordinaria: undici stagioni in bianconero, sei Scudetti, due Coppe Italia, una Coppa UEFA e una Coppa delle Coppe. È il mastino che ringhia appena uno si avvicina all’area di rigore, colui che deve incaricarsi della marcatura più ostile. Un cuore grande e una classe, anche se rude, particolare. Definirlo aggressivo e asfissiante è un conto. Ma guai a dire che è un giocatore cattivo. Sì, non permette quasi mai all’avversario di girarsi, ma la signorilità è un’altra cosa: in 17 stagioni da professionista viene espulso solo una volta, per doppia ammonizione in un supplementare contro il Bruges in Coppa dei Campioni, per un fallo di mano. Eppure è annoverato tra i giocatori più spigolosi e ruvidi di sempre. 

CAMPIONE DEL MONDO - Una prova della sua scorza dura sono le due sfide contro Argentina e Brasile nel Mundial 1982: Maradona è il primo da marcare. Enzo Bearzot prende da parte Gentile e gli chiede se se la sente di prendersi a uomo il Pibe. Che problema c’è? Claudio studia due cassette prima della partita e quell’estro esasperante rimane chiuso nel piede sinistro del fenomeno di Villa Fiorito, che non riesce a esternare il suo potenziale immenso. La foga, la cattiveria, la forza di Gentile prevalgono su uno dei più forti di sempre, sulla stella che tutto il mondo sperava di veder brillare. “El Dies” è talmente nervoso per la marcatura che viene ammonito addirittura prima dell’azzurro, scaltro a ricorrere ad ogni tipo di intervento (e mai uno cattivo) pur di fermare l’argentino. L’Italia vince 2-1, segnano i due grandi amici bianconeri di Claudio: Tardelli e Cabrini. Dopo l’Albiceleste c’è la Seleçao, il Brasile dei fenomeni. Enzo Bearzot sceglie le marcature: Oriali su Zico, Gentile su Eder. Nel tunnel degli spogliatoi cambia idea: su Zico ci va Claudio. In realtà il CT già sa tutto prima, ma non vuole caricare il ragazzo di responsabilità. Di certo, contro quei due numeri 10, come contro tutti i suoi avversari di mille battaglie, non è gentile: è Claudio. Il bambino scalzo delle vie di Tripoli che si tiene i baffi per scaramanzia quando sa che deve marcare Maradona e Zico. Lo stesso che prende due gialli che gli costano la semifinale con la Polonia, ma che alza la Coppa del Mondo, fresco e sbarbato, nel cielo di Madrid.

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