Il calcio europeo davanti alla realtà
Ma non era l’Uefa con la sua competizione regina a essere il «garante del modello sportivo europeo»? Forse è il momento che il calcio europeo (e la politica europea, eventualmente) affronti seriamente la realtà, smettendo di raccontarla in modo retorico per meri interessi di mantenimento del potere o anche solo di nicchie di potere. Provare a frenare il calcio iperprofessionistico dei top club europei (che sono sempre quelli e che monopolizzano con rare eccezioni la Champions dagli ottavi in poi) è un’illusione. Aver frenato la Superlega nel 2021 ha comunque portato a una versione assai superleghista della Champions (che però conserva i vecchi difetti). E i soldi che le tv riservavano ai campionati nazionali vengono inevitabilmente risucchiati dai tornei più luccicanti e vendibili, compreso il nuovo Mondiale per club, che attira le stesse critiche nella nuova Champions. Ma è un processo che è già avvenuto in altri sport, dove i campionati nazionali si sono miniaturizzati in nome della globalizzazione dello spettacolo sportivo.
La tradizione o, meglio, il tradizionalismo è una componente fortissima nel calcio, ma difficilmente vincerà la battaglia che sta combattendo. Forse sarebbe più utile sedersi e riorganizzare tutto, separando l’iperprofessionismo dal calcio locale, riallocando le risorse con una logica solidaristica, trattando e non combattendo con slogan e retorica, per difendere delle poltrone in nome del popolo.