TORINO - Basta amare il cinema o il calcio. Se poi amate il cinema e il calcio - soprattutto guardandoli da punti di vista laterali, capaci di andare oltre l'immediatezza per addentrarsi nelle profondità della passione - allora il TFF 2018 è il Festival del Cinema che fa per voi. Oggi a Torino si parte, edizione numero 36, con le prime proiezioni pomeridiane in programma nelle tre sale del Cinema Massimo in attesa della grande ouverture serale (ore 19.30) con The front runner di Jason Reitman, regista del classico Juno e del recente Tully con Charlize Theron. Inutile dire che, da oggi a sabato 1 dicembre, con la consueta coda domenicale della passerella nelle sale per i titoli vincitori dei molti premi in palio, i film di alta qualità abbonderanno. E' del resto tradizione consolidata di una rassegna che affonda le radici nel torinesissimo Festival Internazionale Cinema Giovani e che come nessun altro – in Italia di sicuro, con pochi concorrenti di pari qualità al mondo – sa, per vocazione, abbinare e soprattutto integrare con successo da decenni le esigenze dei cinefili più raffinati, sedotti dal cinema cosiddetto indipendente, con le aspettative e il gradimento del grande pubblico, da anni in costante e progressiva crescita; per la soddisfazione non solo della inossidabile direttrice Emanuela Martini, in grado di raccogliere e reggere con autorevolezza e profitto il testimone da predecessori come Nanni Moretti, Gianni Amelio e Paolo Virzì.
Detto che in concorso ci sono 15 titoli (palpabile fermento per l'italiano “Ride” col debutto alla regia di Valerio Mastandrea), come al solito la “polpa” del Festival sarà rappresentata da rassegne varie e assortite: i classiconi di Festa Mobile (grande cinema d'autore, commedie brillanti, prelibatezze musicali), gli exploit di Afterhours (film da brividi in senso letterale, con la popolarissima Notte Horror - quest'anno dedicata ai maniaci di celluloide -, un must soprattutto per i giovani che si armano di thermos e coperte e tirano l'alba tra zombi e ululati), le storie sovente bizzarre e provenienti da Paesi poco conosciuti nella sezione Onde, le retrospettive (Jean Eustache; Powell & Pressburger) e quindi l'abbuffata di Corti e Doc, sovente ispirati a tematiche sociali e al mondo del lavoro, senza dimenticare la serie di 5 film scelti dal Guest Director Pupi Avati, ospite della kermesse, tutti a carattere musicale (leit motiv il jazz, da Glenn Miller al Charlie Parker di Clint Eastwood, il formidabile “Bird”). Per informazioni precise al dettaglio su titoli, trame, incontri con i protagonisti aperti al pubblico, biglietti e modalità d'ingresso vi rimandiamo al sito internet ufficiale www.torinofilmfest.org. Dopodiché, torniamo al calcio di cui sopra.
Due titoli, almeno, si preannunciano imperdibili per chi pure al cinema ama andare nel pallone. Il primo è Ulysse & Mona - del regista Sébastien Betbeder, francese pirenaico di Pau – che narra le vicissitudini di un burbero artista misantropo e in stato di sostanziale eremitaggio la cui vita acquista un senso proprio dopo che gli viene diagnosticato un male incurabile, per via dell'incontro con una studentessa di belle arti. Cosa c'entra il calcio, direte voi? C'entra, eccome: perché l'interprete di Ulysse è nientemeno che Eric Cantona, il funambolico e a suo modo leggendario fuoriclasse marsigliese ex idolo del Manchester United, quello che dopo un'espulsione stese con un colpo di kung-fu un tifoso del Crystal Palace; quello che, diventato dirigente, riuscì a farsi licenziare per rissa dei New York Cosmos dopo aver coinvolto nel progetto nientemeno che Robert De Niro (una premonizione della sua futura attività); quello che, divenuto attore in grado di recitare al fianco di star come Cate Blanchett e Monica Bellucci, dieci anni fa aveva ideato e prodotto – interpretando ovviamente la parte di se stesso – il magnifico film di Ken Loach “Il mio amico Eric”. Chi ha avuto modo di vedere in anteprima la pellicola, definita
E veniamo al secondo appuntamento imperdibile per i calciofili. Daniele Segre, regista piemontese dal pregiatissimo taglio documentaristico, a quarant'anni da due preziosi, storici spaccati di vita quali “Il potere dev'essere bianconero” e “Ragazzi di stadio”, in cui per primo seppe raccontare da un'angolazione nuova il fenomeno degli ultras nelle curve, torna a rimettere mani, occhi e cinepresa in quel mondo controverso e spesso inaccessibile, ma sicuramente affascinante; per giunta, in un momento storico e in un contesto particolarmente delicato sul fronte dei rapporti tra società di calcio e tifosi organizzati, tra striscioni e biglietti, tessere e diffide. Dal vecchio Comunale in cui convivevano in qualche modo juventini e granata si è passati, va da sé, al moderno Stadium tutto bianconero, all'altezza del secondo anello di Curva Sud, zona Drughi. Il film di Segre si intitola