Fare o non fare, non c’è provare… Parla come Yoda lo Jedi, Jannik Sinner. E serve il traduttore. Non dall’inglese, dal sinneriano, che è tutt’altra cosa. Così, tocca lavorare di sgarzino – quel pennino tagliente che gli operai degli stabilimenti tipografici utilizzavano per ripulire i testi in piombo – per estrapolare una frase dalla sua conferenza stampa a Wimbledon che spieghi qualcosa in più. Ed eviti ai lettori di sentirsi dire, a proposito dell’ultima Rivoluzione Sinner, avviata con lo sganciamento dal team di Marco Panichi il preparatore e di Ulises Badio il fisioterapista, avvenuta nella stessa modalità con cui gli aerei in difficoltà si liberano del carburante in volo, che non è successo niente di strano, o di anormale.
Che poi è quello che racconta Sinner in un incontro stampa nel quale più volte si è tornati sull’argomento. «Succede, non l’ho deciso molto tempo fa. Non c’è una ragione specifica. Non c’è niente di folle… Ho preso questa decisione convinto che non influirà negativamente su di me. Sono qui per giocare il tennis migliore che possa permettermi, questo è l’obiettivo principale, anche grazie al contributo di tutta la squadra che mi ha accompagnato in questo periodo».