Ehi, Adri, quanto tempo è passato… «Troppo. Ma fammi capire, ti ci devo mandare o ci vai da solo?» Vado da solo, tranquillo. Lo facevo per i lettori… Sono 49 anni dalla tua vittoria del 1976, e c’è un italiano in finale a Parigi.«Era l’ora… Anzi, meglio, non vedevo l’ora… Ma Sinner è il numero uno, e lo dimostra partita dopo partita. Io numero uno non lo sono mai stato. Voglio dire, è in finale a Parigi a buon diritto, e ha già realizzato un’impresa che ha dell’incredibile, perché vi è giunto con una dozzina di partite appena dopo il suo rientro dai tre mesi di stop».
Che finale sarà?
«Zeppa di stress, come tutte le finali dello Slam. Sinner è la quarta che gioca, non è più un novellino, ma a Parigi la domenica della finale è sempre una giornata speciale. Lieto di seguirla comodamente da casa, facendo il tifo per Jannik. Se lo merita. Io ho già dato…».
Consigli per Sinner?
«Manco mezzo. Sa già tutto quello che deve sapere, e ha un team collaudato e di alta qualità, che lo segue come meglio non potrebbe. E poi, perché mai dovrebbe seguire i miei consigli?».