Tra una visita alla Medina e un passaggio dalla Moschea, tra gli allenamenti intensi e la voglia di iniziare la stagione sulla terra battuta, Mattia Bellucci prosegue il suo viaggio tra i grandi. Numero 71 ATP, questa settimana il 2001 lombardo sarà impegnato per la prima volta a Marrakech, dov’è arrivato venerdì per avere tempo di prendere confidenza con il rosso e godersi una città tutta da scoprire. Testa di serie n. 8 dell’ATP 250 marocchino, domani Mattia - mancino come il suo idolo Nadal - sfiderà all’esordio il russo Pavel Kotov, «un giocatore tosto e talentuoso che l’anno scorso qui aveva fatto molto bene».
Mattia, come si sta a Marrakech? Che cosa avete fatto in questi giorni?
«Siamo stati alla Medina, abbiamo visto gli incantatori di serpenti, abbiamo fatto delle belle cene provando la cucina locale. Mi piace sperimentare cibi di culture diverse in giro per il mondo, ci stiamo divertendo».
Come procede l’adattamento alla terra? Ricordo una sua frase simpatica al Challenger di Torino, “Ma quanto è bello il cemento!”. Di solito il prototipo del tennista italiano è quello di un giocatore che nasce e cresce sulla terra battuta, mentre lei predilige le superfici più rapide. Da cosa nasce questa preferenza?
«Quella frase me la ricordo bene! Fin da piccolo mi sono allenato prevalentemente sul cemento e mi sono sempre piaciuti giocatori che giocavano bene sul veloce, come Safin o Agassi. Per abitudine e caratteristiche è una superficie che si sposa bene con me. Però sono carico e contento di iniziare sulla terra».
L’anno scorso però a Parigi, dopo aver brillantemente superato le qualificazioni, si era arreso soltanto al quinto set a un top 30 come Tiafoe…
«Sì, quella poi è stata l’ultima partita che ho giocato sul rosso. Con Tiafoe non era stato proprio un match da terra in realtà, eravamo molto aggressivi entrambi e stavamo vicini alla linea di fondo. Rispetto all’anno scorso arrivo alla stagione su terra molto più preparato a livello fisico, ho anche messo su qualche chilo di muscoli. E ho anche un anno in più di esperienza».
A livello tecnico invece ha lavorato su qualche aspetto in particolare?
«Ci stiamo allenando sulla terra da 4/5 giorni, dopo Miami ho avuto bisogno di un paio di giorni di riposo. Lavoreremo principalmente sulla differenza di traiettorie tra dritto e rovescio e sul servizio in kick, che per me è sempre stata un’arma importante. Qui la palla rimbalza parecchio, le condizioni sono abbastanza veloci».
A Rotterdam, contro Medvedev e Tsitsipas, ha ottenuto quelle che ha definito le due vittorie più belle della tua carriera. Le è un po’ cambiata la vita dopo quel torneo?
«La differenza principale è che ora gioco stabilmente nel circuito ATP, con le cose belle e le difficoltà che ciò comporta. Gli avversari sono fortissimi e le ultime partite non sono state le migliori possibili, però bisogna rimediare e siamo carichi per farlo. Poi ora posso giocare tanti tornei bellissimi uno dietro l’altro, quelli che da bambino guardavo in tv. Sono palcoscenici importanti a cui non siamo abituati, ma me li voglio godere. Sono in una posizione decisamente migliore rispetto all’anno scorso».
Quali altri interessi ha oltre al tennis?
«Quando andavo ancora a scuola mi è venuta la passione per le sneakers, ne ho tantissime! Con il tempo ne ho sviluppate anche altre, dai viaggi alle culture diverse. Poi partendo dalle scarpe l’interesse si è spostato anche sugli abiti vintage. Mi piace molto anche la musica: in questi giorni ero a Parigi per un evento e ho conosciuto Neffa, che ascolto tanto. Gli ho fatto un sacco di domande! Ascolto di tutto, dalle canzoni più datate al rap. Ora che sono a Marrakech non potevo non ascoltare un album di Marracash».
A proposito di scuola, la sua è la storia di un ragazzo “normale”, sicuramente diversa da tanti altri tennisti che a scuola non ci sono andati o hanno fatto percorsi di studio differenti…
«Sì, ho fatto il liceo linguistico. Non è che amassi particolarmente lo studio, ero sicuramente più da materie umanistiche e da lingue. A scuola ho studiato inglese, francese e spagnolo: le capisco abbastanza bene, oltre all’inglese parlo un po’ di spagnolo e con i francesi mi sforzo, anche se ogni tanto mi incarto. Però ci provo… e poi a Marrakech gioco in doppio con Gaston».
Come si descriverebbr in tre parole? Un pregio e un difetto?
«Creativo, intraprendente e sensibile. Un mio pregio è essere molto curioso, in qualsiasi argomento, mentre un difetto è che sono molto impulsivo».
Un obiettivo realistico e un sogno nel cassetto per questa stagione?
«Voglio godermi il viaggio nel circuito ATP, che è ancora nuovo e che dobbiamo imparare a conoscere bene. Spero di riuscire a raggiungere i top e confrontarmi con loro con continuità. Un sogno per il 2025 sicuramente sarebbe partecipare alla Coppa Davis, segnerebbe un gran finale di stagione».