Non ha bisogno di presentazioni Sergio Palmieri, perfetto trait d’union tra ciò che è stato e ciò che è diventato oggi il tennis. Lo abbiamo incontrato a Torino nel corso delle finali di serie A1 a squadre seguite come direttore di gara.
Si sarebbe mai aspettato gli attuali risultati del tennis italiano e di poter vantare un n° 1 del mondo?
"Se dicessi di sì non sarei sincero, anche se abbiamo lavorato molto per salire in alto e soprattutto in campo femminile, una decina di anni fa, avevamo già fatto grandi cose. L’obiettivo è sempre stato quello di arrivare ad avere dei giocatori e delle giocatrici in top ten, capaci di ben figurare anche nei grandi tornei. Un’operazione partita da lontano che ha coinvolto sempre più professionisti all’interno della Federazione con le note comuni della competenza e della passione".
Quali sono stati i passaggi fondamentali compiuti dalla FITP per arrivare dove si è oggi?
"Un grosso investimento sul settore tecnico con un lavoro persistente. Scelte indovinate negli ultimi 15 anni e aver dato molte opportunità di crescita ai nostri giocatori grazie ai tanti tornei organizzati in Italia, vedi i Challenger. Questo ha permesso un innalzamento del livello in anticipo rispetto al passato e dato loro l’opportunità di competere nel circuito maggiore. Un passo che faremo anche con le giocatrici".
Siamo un esempio per tutti. Non c’è invidia nei nostri confronti?
"C’è rispetto, non invidia. Dieci anni fa la Spagna era davanti a noi e veniva guardata come un modello. Esistono anche dei cicli naturali, al di là del lavoro svolto. Ora sta crescendo molto la Francia con i suoi giovani. Noi per anni abbiamo avuto i migliori Next Gen che si sono poi affermati a livello maggiore. Bisogna continuare a investire sulla base".