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Sinner, ti vogliamo bene

Se Jannik è così, finché sarà così, non ce n’è, non ce ne sarà per nessuno. 2024 da favola, ora la Davis

«Insane». Cioè pazzesco. Folle. Senza senso. Ma in realtà un senso ce l’ha. Inebriante. Clamoroso. Commovente. Un senso che sta proprio in quell’aggettivo usato da Taylor Fritz - bello come sempre, bravo più che mai eppure con le lacrime agli occhi: non per la sconfitta, ma per l’impotenza - allorché prende il microfono e guarda verso Sinner. Che è il nuovo Master (and Commander) del tennis mondiale. Che lo ha tritato in meno di un’ora e mezza con un duplice 6-4 (replica del risultato nel girone), ancora più frustrante dei tre set a zero con cui lo aveva mortificato a domicilio nella finale degli Us Open. Sommerso e fin stravolto dall’affetto di un pubblico generosissimo, anche perché ammirato dalla sua strenua resistenza, quasi scoppia a piangere, l’americano. Perché stavolta pensava di aver capito come si fa, o si dovrebbe, o si dovrebbe, e invece no. Non si può fare.

Sinner stratosferico

Se Sinner è così, finché sarà così, non ce n’è, non ce ne sarà per nessuno. È italiano. È nostro. È anche di Torino. Che lo ha adottato, che gli ha donato un amore mai visto e ora corrisposto, che adesso vuole dargli pure la cittadinanza onoraria. Già gli ha dedicato la Mole. Una volta si consegnavano le chiavi della città. Fategliele. Portategliele. E possibilmente lasciategli le Finals qui più a lungo possibile. Perché Torino è casa: magari non la più grande, ma certo la più calda e accogliente.

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