Infatti il Mayak ha successo. E non solo quando è preso d'assalto in questi giorni dai giornalisti occidentali, sull'onda delle polemiche legate alla legge che vieta la propaganda sessuale tra minori. Insoliti riflettori che hanno creato anche problemi agli avventori, preoccupati per la loro privacy, dice all'ANSA Andrey Tanichev, il proprietario che lo aprì nel 2005: "Non ci aspettavamo una tale invasione. I media stranieri non conoscono bene la vita in Russia, non sanno come vivono i gay qui, che ci sono gay-club, spiagge, organizzazioni". A Sochi, oltre al Mayak che può ospitare 400 persone (uno dei più grandi club gay in Russia), esistono anche 2 o 3 spiagge gay: una si chiama Sputnik, come il primo satellite sovietico. Una città relativamente tollerante rispetto al resto del paese, assicura Tanichev, complice il clima vacanziero: i clienti vengono da tutto il Caucaso. La legge contro la "propaganda gay" ha peggiorato la loro situazione? "Non direttamente, perché riguarda i minorenni e il nostro è un club vietato agli under 21. Piuttosto, il problema è che propone un'associazione automatica, citando i bambini, tra omosessualità e pedofilia".
Dopo l'approvazione, le violenze omofobiche contro le minoranze sessuali sono aumentate drammaticamente, specie sui giovani di provincia. Non tutti i gay russi però concordano col boicottaggio. Molti pensano che le proteste internazionali, puntando i riflettori, li danneggino. "Dovete pensare che in Russia non esiste una vera comunità gay", spiega Tanichev. "È una società molto chiusa, le persone dichiaratamente gay sono mosche bianche", assicura. A suo avviso, oggi la cosa più importante "non sono i gay-pride, ma aprire la società: che i gay siano accettati sul lavoro, a scuola, e contrastare l'aggressione verso di loro". Aprire un gay club a Sochi, comunque, "è un ottimo business: c'è gran richiesta".