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Il nostro viaggio a Noale, dove nasce il sogno Aprilia

Tra computer, box di controllo e la voglia di Mondiale. Melandri sicuro: «Sono nel posto giusto per vincere il titolo»

NOALE - A un passo da Mestre, due da Padova. Pieno Nord Est laborioso, dove si costruivano e si tentano di costruire ancora i sogni. Come questi neri a due ruote chiamati Aprilia. La Scuola dei Campioni, quando nel Motomondiale le cosiddette classi minori erano tali solo di nome e non di fatto e sfornavano stelle con il polso pesante (da Max Biaggi a Loris Capirossi, da Valentino Rossi a Marco Simoncelli) e soprattutto capolavori d’ingegneria. 294 gran premi e 38 titoli mondiali vinti. Ora, sopravvissuta all’omicidio 125 e 250 (ovvero dei motori a due tempi), l’Aprilia s’è rilanciata nel mondo “maxi”. La Superbike identificandosi con Max Biaggi (doppiette 2010 e 2012), ma anche in MotoGP. Per ora dalla “porta di servizio” chiamata CRT e adesso Open, ma pronta al grande ritorno ufficiale nel 2016. Nel frattempo, anche per mettere a tacere le voci di un ripiegamento (dovute soprattutto al passaggio del deux ex machina Gigi Dall’Igna alla Ducati), prima di volare in Spagna per gli ultimi test e in Australia per la prima gara del Mondiale derivate (23 febbraio a Phillip Island), il nuovo corso di Noale ci ha aperto le porte del Reparto Corse.

IL VIAGGIO L’anfitrione si chiama Romano Albesiano, il nuovo responsabile della Direzione Tecnica e Sportiva dell’Aprilia, nonché dello Sviluppo e del Prodotto, ovvero della ”strada”. Al suo fianco i piloti ufficiali: quel Sylvain Guintoli che lo scorso hanno ha perso il Mondiale per un infortunio in bicicletta e quel Marco Melandri che dopo l’ennesimo cambio di casacca assicura: «Finalmente sono arrivato nel posto giusto per me e per le mie aspirazioni di vincere il Mondiale». «Più che un obiettivo, un imperativo» chiarisce Albesiano mentre insieme ai suoi ingegneri e meccanici ci fa strada in tutte le stanze del Reparto Corse. Solo una resta top secret (ci sono dei macchinari per lo studio del veicolo in termini di baricentro), il resto è tutto open. Come la nuova categoria della MotoGP. Sopra il reparto progettazione. Tanti computer, ma anche i prodotti che nascono lì. «Perché qui facciamo tutto noi». Le centraline elettroniche e l’elettronica, i motori, la ciclistica. Dai pezzi singoli al risultato finale. Che viene realizzato sotto. Otto box dal controllo di qualità all’attrezzeria, si passa tra moto storiche e pezzi di quelle nuove in assemblaggio. In un capannone esterno c’è il “cuore” che pulsa, gli otto banchi prova dei motori. In un altro l’area montaggio. Dai basamenti alle catene di trasmissione. Mai stati così vicini a queste macchine che racchiudono in pochi centimetri 250 cavalli. Un sogno diventato realtà. 

Giorgio Pasini

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