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Ferrari, per sostituire Binotto ne servono due

Tutte le squadre top hanno una direzione tecnica e un team principal: a Maranello Mattia svolgeva entrambe le funzioni di vertice

TORINO - La Ferrari di Mattia Binotto, quella la cui parabola è giunta all’epilogo, aveva la particolarità di riassumere in una sola persona due diverse funzioni, quella del dirigente della squadra (detto Team Principal) e quella che di norma è in capo al direttore tecnico. Binotto, prima di diventare responsabile unico, era stato il direttore tecnico e la sua estrazione è appunto ingegneristica. È stata una specificità di quest’ultima gestione, una strada diversa da quella seguita dalle altre squadre. Per dire: Christian Horner è responsabile Red Bull, ma il direttore tecnico è un altro (non Adrian Newey, che è l’ideatore dell’auto, sebbene la sua qualifica sia di direttore della tecnologia). Anche in Mercedes funziona così, sebbene la particolarità della squadra della Stella sia che il Team Principal è anche comproprietario. Cosa che, ovviamente, non può avvenire a Maranello. Sta di fatto che prima delle gestione di Binotto, lui stesso (come detto) era il direttore tecnico e Maurizio Arrivabene il Team Principal.

Ferrari, al posto di Binotto ne servono due

È ovvio che una squadra di Formula 1 funziona bene quando le decisioni sono collegiali e condivise, ma una diarchia serve anche a creare una dialettica interna. Dunque, dopo l’addio di Binotto, è possibile che la Ferrari cerchi due figure, non solo una. Trovare la persona giusta per il ruolo direttivo è forse più facile, anche se l’eventuale scelta di chiamare un manager esterno al mondo delle corse è un rischio enorme, la Formula 1 è un microcosmo popolato da figure professionali iper specifiche, pescare al di fuori può portare a esiti molto incerti. Per il ruolo tecnico la questione è anche più complicata, perché ogni squadra blocca questi profili con contratti a lungo termine, che non possono terminare con delle semplici dimissioni. Spesso si è finiti in tribunale, anche in tempi molto recenti. Forse l’unico nome, di cui infatti si è parlato nelle scorse settimane, è quello di Simone Resta, cresciuto in Ferrari e che poi è andato la lavorare per le squadre clienti (oggi è alla Haas). Oppure si può procedere con una promozione interna, ma si toccano equilibri che in qualche modo - magari non perfetto - sino ad oggi avevano funzionato.

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