Sono già passati 30 anni dalla morte di Paolo Mantovani. Il più grande presidente della storia della Sampdoria - quello dello scudetto '91 di Vialli, Mancini e dell'indimenticabile Boskov - se ne andò il 14 ottobre 1993. Una Samp che è rimasta nella storia del nostro calcio. Tra passato e presente le parole di Enrico Mantovani, figlio di Paolo e a sua volta presidente blucerchiato dal 1993 al 2000.
Enrico Mantovani, oggi è davvero un giorno triste? «Quello che è successo a noi succede purtroppo nella vita di tutti, la perdita di un genitore. Ma il fatto che il ricordo di papà sia vissuto da così tante persone che gli hanno voluto bene ci riempe d'orgoglio. Sono passati trent'anni, ma questa ricorrenza, così come il compleanno di mio padre, viene sempre ricordata. Una cosa che dimostra quello che ha fatto papà. Il risultato sportivo è stato importante. Ma una componente di questo affetto è sul come nostro papà sia riuscito a vincere».
Gli ex scudettati della Samp sono sempre molto legati al ricordo di Paolo Mantovani. «Vorrei andare controcorrente. È facile che sia così visto che questi ragazzi hanno vinto insieme uno scudetto a Genova, che non è equiparabile a quelli vinti a Milano o Torino. Ma quel tipo di attaccamento nei confronti di mio padre lo hanno avuto anche i giocatori che c'erano prima. Dal 1979 ci abbiamo messo tre campionati per andare in A. Cito Bellotto, Rosi e Zanone. Ne dico tre, ne dimentico venti. Pur non avendo vinto alla Samp per loro nostro papà è stato il loro secondo padre».
Lo ha dimostrato anche la dedica di Mancini a suo papà e alla Sampdoria per l'Europeo 2021 vinto a Wembley con la Nazionale. E poi quell'emozionante abbraccio con Vialli. «Una cosa troppo bella che il nome di Paolo Mantovani sia uscito spontaneo dalle labbra del commissario tecnico della nostra Nazionale. Ricordando quella finale persa a Londra dalla Sampdoria in Coppa Campioni quasi trent'anni prima. Non so cosa avrebbe potuto chiedere di più papà. E poi quell'abbraccio con Luca. Un abbraccio che è stato purtroppo anche un addio. Ma ancora più bello».