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Torino, la scelta di Cairo: a Superga di mattina per dribblare i tifosi

Torino, la scelta di Cairo: a Superga di mattina per dribblare i tifosi Marco Canoniero
Non c’erano divieti da parte delle forze dell’ordine ma il presidente ha preferito evitare contestazioni. Il proprietario è salito al Colle alle prime luci dell’alba con il figlio Federico, poi non ha preso parte alle celebrazioni

TORINO - Il mondo granata ha fatto “un 4 maggio”. Nel giorno del silenzio, la gente si è riversata in massa per le strade della città. Per riaffermare un’identità, per chiedere un’altra dirigenza, per spingere Urbano Cairo a passare la mano. Già, Cairo. Il grande assente di ieri: è salito a Superga alle prime luci dell’alba, lontanissimo da ogni tipo di bagno di folla, ricco chiaramente di potenziali controindicazioni per lui, per poi tornare a Milano subito. Una foto col figlio Federico di fronte alla lapide dei Caduti. Con una frase a corredo, affidata al profilo Instagram del Toro: «Il presidente è salito a Superga per commemorare il Grande Torino. Ha deposto una corona di fiori sotto la lapide, condividendo con le persone presenti un momento di riflessione e preghiera».

Cairo criticato sui social

C’è chi l’ha criticato, per usare un eufemismo. Tanto che i commenti sotto quell’immagine sono stati bloccati. Ma la verità è che qualsiasi cosa avesse fatto ieri Cairo avrebbe urticato le sensibilità del popolo granata. La solitudine a Superga fa ovviamente discutere, ma avrebbe provocato le stesse reazioni anche il contatto ravvicinato coi tifosi che l’hanno apertamente contestato. Sarebbe stato visto, senza dubbio, come un segno di spavalderia. Il patron era atteso, in tarda mattinata, anche al Cimitero Monumentale di Torino per la commemorazione dei Caduti. Ma non si è visto: in questo caso ha preferito proprio disertare l’evento. Nessuno gli ha impedito di esserci, nemmeno le forze dell’ordine per salvaguardare l’ordine pubblico. Così è andato a Superga in solitudine e poi via: sicuramente, per come si è sviluppata la giornata, si sarebbe sentito un ospite indesiderato. Perciò ha scelto di non alimentare tensioni: con la presenza e con eventuali dichiarazioni. In compenso, al Cimitero Monumentale, erano presenti Leonardo D’Alessandro (Presidente del Circolo Soci Torino FC 1906), l’Assessore Mimmo Carretta, Maria Grazia Grippo (Presidente del Consiglio Comunale di Torino), ma anche persone profondamente legate al ricordo del Grande Torino: dalla leggenda Renato Zaccarelli, passando per Franco Ossola, Susanna Egri (figlia di Egri Erbstein), Sergio Gabetto (figlio di Guglielmo) e Paolo Bacigalupo (nipote di Valerio).

Le parole di Carretta e Don Riccardo Robella

Il primo a prendere la parola è stato Carretta: «Il 4 maggio era, è e sarà per sempre una ricorrenza di tutta la città. È come se tutto si fermasse, in nome di un valore collettivo. E quando le emozioni diventano un valore collettivo è perché dietro ci sono tante singole sensazioni che danno un’identità al momento che stiamo vivendo». Anche Don Riccardo Robella è visibilmente emozionato: «Siamo qui a parlare di cose eterne. Con il passare degli anni uno potrebbe pensare che la memoria vada spegnendosi e invece tutti gli anni qui siamo sempre di più. Segno che c’è qualcosa di strano, misterioso e bellissimo. Questo è il luogo del silenzio: ancora una volta guardare questi ragazzi è sì fare un tuffo nel passato, ma anche far fiorire la speranza e guardare al futuro. C’è qualcosa che va oltre la gloria e lo sport: è l’eternità».

Il ricordo non muore mai

Per Susanna Egri il ricordo non muore mai: «Mi vengono in mente i discorsi che mio padre faceva tutte le domeniche a tutti i calciatori riuniti. Ho ritrovato un suo bigliettino in cui scriveva “ricordarsi di dire a Ballarin di sorridere”. Quel gruppo straordinario non era solo l’addizione di tanti campioni, ma una compagine. E anche se oggi viene difficile dirlo, io provo a ripeterlo ogni volta: cerchiamo di sorridere. Il Grande Torino è di tutti». Chiude Maria Grazia Grippo (parente di Eusebio Castigliano, centrocampista del Grande Torino: era un cugino del nonno materno): «Per il legame familiare che ho con la storia del Grande Torino è una grande emozione essere qui. Mio nonno mi raccontava spesso che Eusebio si sentiva un privilegiato e per questo spesso tornava a Vercelli, la sua città, per restituire a familiari e amici ciò che la vita gli aveva dato». Rimangono il silenzio e la commozione, al Cimitero Monumentale. Mentre fuori succede “un 4 maggio”.

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