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Luca Fusi esclusivo: "Buongiorno merita di alzare un trofeo"

Da ieri nella Hall of Fame granata ha parlato così sul difensore: "Potrebbe stare in spogliatoi anni '90". Il paragone tra Juric e un ex allenatore Toro

GRUGLIASCO (Torino) - Scende, anzi scendono dall’auto in cinque, nel cortile che avvolge la villa secentesca che ospita il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata: "Mi sono portato dietro qualcuno che mi aiuti a reggere l’emozione", dice scherzando, ma non troppo. Moglie, figlio, amici. "Troppo importante per il cuore, un evento così. Non potevo non farmi accompagnare dalla famiglia". Al fianco della signora Manuela ("ci sposammo la settimana dopo la vittoria della Coppa Italia"), Federico guarda papà con un sorriso grande così. Luca Fusi entra nel Museo e tira un bel sospiro: "Per me è la seconda volta che vengo qui. Sicuramente la più bella". Tardo pomeriggio: manca ancora parecchio all’evento serale, la cerimonia organizzata dai responsabili del Museo, Beccaria e Muliari, e dagli altri volontari della Memoria Storica Granata, l’associazione senza fine di lucro che ha allestito e cura le sale di Villa Claretta. Da ieri, Fusi è entrato nella Hall of Fame granata.

Quattro stagioni nel Toro tra il ‘90 e il ‘94: un giocatore di un’intelligenza e di un eclettismo tattico eccezionali, un gran equilibratore degli umori dello spogliatoio, un allenatore in campo per Mondonico, un volto pulito e vincente per i tifosi. Mediano, libero: a seconda delle esigenze, a seconda delle partita o durante una partita stessa. Contro il Real, nella vittoria a Torino in semifinale Uefa, ‘92, segnò la seconda rete. Il grande rimpianto del Mondo? Non averlo potuto schierare nella finale di andata con l’Ajax, perché squalificato: 2 a 2, con alcune incertezze ferali tra centrocampo e difesa. "Giocai il ritorno". Toro più equilibrato e dominatore, ma due pali e una traversa uccisero il sogno, 0 a 0 ad Amsterdam. "E quella sedia alzata al cielo dal mister. Non so quanto fosse rigore su Cravero, ma se ce l’avessero assegnato sarebbe stato un atto di giustizia. Ai punti strameritavamo noi. E comunque quella sedia è poi diventata un simbolo del Dna granata".

La Coppa Italia e l'emozione più forte

L’anno dopo, Roma: 1994, doppia finale di Coppa Italia e trofeo alzato al cielo da Fusi, stavolta. "Però, se mi chiedete qual è l’emozione più forte che ho provato in vita mia nel Toro, vi dico Superga. Aver letto i nomi alla lapide da capitano, il 4 maggio. Questo è il Toro, per me, nel significato più alto, poetico, profondo. Lassù sul colle. Vincere una partita, per quanto importante, non trasmette la stessa emozione indimenticabile. Perché solo a Superga si respira l’essenza immortale del Toro". Inchino. Alla fine della visita, sala dopo sala, spiegazione dopo spiegazione, Luca prorompe in un’invocazione: "Mi auguro che questo Museo meraviglioso un giorno sorga al Fila, il suo posto naturale, così come invocano i tifosi da tanti anni". E come recita lo statuto della Fondazione Filadelfia. "Se non fosse gestito da volontari innamorati del Toro, non sarebbe tenuto così bene, non esprimerebbe tutta questa passione, non sarebbe così bello, così ricco di cimeli".

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