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Torino tra vittoria e rabbia: le dita di Juric e il rapporto tifosi-Cairo

Prendersela con i tifosi in credito da anni, dopo la contestazione dei giorni scorsi e il successo contro il Sassuolo, è ingiusto e ingiustificabile: ma chissà che...

Il Torino torna a vincere, a tratti perfino a convincere. E non vanno sciupati i passi avanti, affogandoli nel cupo contesto che circonda il mondo granata. La squadra di Juric è stata protagonista della miglior prestazione stagionale, ha saputo reagire al gol dell’1-1 (l’evento negativo che fin qui aveva sempre scompigliato le idee e affogato l’agonismo nel panico), ha creato (e sprecato) una miriade di occasioni e strameritato la vittoria sul Sassuolo, ritrovandosi a tre punti dalla zona Europa. Il tutto in un clima che viene tristemente riassunto dal doppio dito medio esibito dallo stesso Juric al fischio finale in favor di telecamere, forse rivolto alle avversità o forse alla Maratona, sotto la quale per la prima volta non è andato nessun giocatore. Quasi una forma di controcontestazione che stona per modalità e, soprattutto, perché non può bastare un successino sul Sassuolo per mostrarsi spocchiosi nei confronti di chi non deve certo dimostrare amore per la maglia e dedizione alla causa.

La crisi matrimoniale tra il Torino e i suoi tifosi

Ma in questa specie di litigio fra la squadra e il suo pubblico c’è, in fondo, l’essenza della più larga crisi matrimoniale fra il Torino FC e i suoi tifosi, che parte da molto più lontano ed è molto più profonda. La contestazione della Curva segna un’altra tappa di un giro infinito di delusione e frustrazione per il popolo granata. La devozione del tifoso del Toro è granitica, eppure Urbano Cairo è riuscito ad aprirci una crepa. E non se ne fa una ragione, peraltro. È una strana relazione: da una parte c’è un presidente che snocciola i risultati ottenuti e i soldi investiti, convinto che siano regali graditi alla gente del Toro e non si capacita non vengano apprezzati; dall’altra la gente del Toro vorrebbe tutt’altro e non si capacita che il presidente non capisca. Un’incomunicabilità paradossale, ormai sfociata nell’insulto costante e in un’ostilità che non produce nemmeno più rabbia, ma la malinconica e distaccata rassegnazione di chi non vede futuro per la propria fede. Se il presidente e il popolo del Toro non riusciranno in qualche modo a sintonizzarsi su una lunghezza d’onda che consenta loro di comunicare il sentimento granata, quella roba indescrivibile ma che tutti riconoscono come diversa e unica, è destinato a evaporare una goccia alla volta, in una mesta entropia della passione.

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