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Cairo e Juric: Toro, senza dialogo non c'è soluzione

Addentrarsi nelle spire della crisi granata è esercizio complicato, a meno che lo si voglia affrontare in maniera banale e superficiale

L’insostenibile leggerezza del Toro non ha nulla di felicemente calviniano, ma appare semmai calvinista, nel senso che sembra tutto predeterminato da una forza superiore, un destino di fronte al quale tanto vale abbassare il capo in segno di rassegnazione o addirittura resa. Il che è surreale nel momento in cui illustri esperti di cose granata sostengono convinti che questa squadra sia più forte delle passate stagioni - per qualcuno addirittura la più forte dell’era Cairo - e che abbia di conseguenza il dovere di lottare per il posto in Europa che a una società con questa storia spetterebbe quasi di diritto e invece appare da troppo tempo un miraggio.

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Per questa ragione addentrarsi nelle spire della crisi granata è esercizio complicato, a meno che lo si voglia affrontare in maniera banale e superficiale. Il Toro merita molto di più della banalità e della superficialità. E i tifosi del Toro meritano molto di più di un gruppo che ha perso la furia agonistica (il «fanatismo», come lo ha ribattezzato Juric, non con precisione lessicale ma con efficace inventiva) e che si scioglie alla prima difficoltà: e infatti sabato sera hanno espresso il proprio disappunto con i cori classici di queste situazioni.

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