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Giuffrida: Miranchuk, Sanabria e non solo, chi sono i gioielli Juve e Toro

Intervista al noto agente che indica i futuri talenti dei due club torinesi e analizza i mali del calcio: "Noi procuratori siamo il capro espiatorio"

«La figura del procuratore? Guardi, quando svolgevo solo la professione di commercialista non immaginavo quanto fosse complesso, delicato e importante per tutto il movimento il ruolo dell’agente di calciatori. Invece, come per tutte le categorie professionali, è un mestiere che richiede competenza, preparazione e soprattutto grande dedizione. Perché, a differenza delle altre, è caratterizzata anche da grande instabilità ed esposizione mediatica che lo rendono un facile “capro espiatorio” soprattutto in tempi di crisi». Valerio Giuffrida, che con il fratello Gabriele guida l’agenzia GG11, è componente del consiglio direttivo dell’Aiacs (associazione che riunisce i principali agenti italiani) ma soprattutto ha una visione “fresca” sul mondo degli agenti - che lui continua a frequentare con il ruolo da commercialista - e del calcio in generale. Declinato soprattutto attraverso i numeri e dunque, con una visione per forza pessimistica nei confronti di quello italiano.  
 
Anche se, Valerio, in questa fase ciò che infastidisce maggiormente gli agenti è quella di essere individuati come “il male” del sistema: una facile colpevolizzazione? 
«Di sicuro stiamo pagando per le colpe e le malefatte di pochi che, soprattutto in un periodo di crisi come quello post pandemico, acquistano una rilevanza morale e mediatica maggiore. Ma da qui a colpevolizzare un’intera categoria ce ne corre assai e non è corretto che si rifletta sull’intera categoria. Una maggiore regolamentazione della professione è in tal senso un fatto positivo e ben accetto, anche al fine di evitare forme di abusivismo che sono state praticate e che sono tutt’ora in atto».  
 
Una delle accuse più ricorrenti è quella secondo cui i soldi dati ai procuratori “escono dal sistema”, come se i giocatori, allenatori e soprattutto dirigenti li reinvestissero nel calcio. Lei che è uomo di numeri come risponde? 
«Qualche mese fa il sole 24 ore ha pubblicato i fatturati del 2021 delle agenzie italiane, estrapolandoli dai dati della camera di commercio: se prendiamo in esame le prime 20 agenzie italiane, i fatturati sono in linea con quelli dei più importanti studi legali o perfino inferiori ma soprattutto (non essendo possibile fare un paragone fra le due categorie) sono proporzionati ai volumi d’affari ed alle spese delle società di calcio. Il valore complessivo dei ricavi delle società di Serie A nel 2021 è pari a €2.654.000.000; il totale dei costi pari ad euro €3.933.700.000 mentre le commissioni sottoscritte sono pari ad euro €174.000.000 e quindi rappresentano poco più del 4% dei costi. Una percentuale dunque irrisoria. Le perdite complessive nel 2021 hanno superato € 1.200.000.000 per cui è evidente che non sono state causate dalle commissioni. Negli anni antecedenti le proporzioni sono più o meno le stesse e testimoniano come i costi delle commissioni rappresentano una quota relativamente non rilevante» 
 
Sui parametri zero, però... 
«Alt: sono casi sporadici che hanno grande risonanza mediatica perché spesso riguardano giocatori importanti e quindi rimangono più impressi nella memoria collettiva, ma nella maggior parte dei casi le “tariffe” che vuole imporre la Fifa vengono già applicate. Senza dimenticare che i maggiori creditori dei club sono proprio gli agenti...». 
 
Qualcuno vi individua perfino tra i responsabili della crisi del calcio italiano: un po’ comodo, non crede? 
«Le valutazioni le lascio a lei, io rispondo con i numeri. Generalizzare è facile e rassicurante ma è anche pericoloso perché poi, dando tutta la colpa agli agenti, si perdono di vista le cause vere dell’inesorabile declino delle Serie A, procrastinandone la risoluzione. Se nel 2022 la Serie A ha ricavi da diritti televisivi pari a poco più di 900 milioni e la Premier ne realizza 3 miliardi (divario destinato purtroppo ad aumentare); se tutti i giocatori più importanti ambiscono ad andare a giocare in Premier, lasciando la Serie A; se gli stadi italiani, tranne poche virtuose eccezioni, assomigliano a dei rustici di campagna… può essere tutto questo colpa degli agenti?», 
 
L’ultimo mercato di gennaio, in tal senso, è stato illuminante nella sua pochezza. Ha inciso anche la “vicenda Juventus”? 
«Gennaio è stato un incubo, quanto alla Juventus devo dire che siamo maestri nel farci del male... L’incertezza sul come realizzare le plusvalenze ha pesato e bloccare la Juve ha di fatto bloccato il mercato anche, se non soprattutto, nelle categorie minori: guardi che da almeno tre anni la Juve fa sopravvivere la Serie C. Ma non voglio aggiungere altro: ci sono inchieste in corso». 
 
Come se ne esce? 
«Ah, ci sono fior di dirigenti per questo. Io mi limito a spiegare ciò che credo debba fare un agente...». 
 
Dica... 
«Deve necessariamente internazionalizzare il proprio raggio d’azione. Ovviamente con la priorità all’Inghilterra, che resterà a lungo il Pese di destinazione più importante. E poi tutti gli altri campionati Europei. La nostra agenzia, poi, ha deciso di concentrarsi più sulle procure che sulle intermediazioni, attività comunque preziosa per i club, per avere una maggiore stabilità». 
 
Siete anche i primi europei ad avere aperto uno studio in Africa. 
«Esatto: ad Abidjan in Costa d’Avorio. La società opererà attraverso un’importante rete di scouting e gestionale che servirà principalmente i Paesi francofoni. Il futuro passa da li». 
 
E l’Italia? 
«Diventerà sempre più un campionato, diciamo così, di valorizzazione, nel senso che “formerà” i talenti per gli altri campionati più ricchi».

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