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"Il vero Toro che vorremmo: Il Fila, i valori, il Museo, la comunicazione, l’identità, l’amore, i tifosi uniti. E il cairismo"

La tavola rotonda di Tuttosport con Giancarlo Caselli, Davide Boosta Di Leo, Steve Della Casa, Marco Ligabue, Marco Casardo, Oskar, Carmelo Pennisi, Willie Peyote, Paolo Quaregna, Stefano Radice

Pennisi: «Il Toro è l’araba fenice, è il nostro Dna. Ed è quanto oggi si rinnova ogni volta come un prodigio quando vediamo sempre nuovi bambini tifare Toro».

Cassardo: «Il Toro è anche identità adolescenziale, una forma di ribellione. Il genitore metaforicamente rappresenta la Juventus, il figlio invece è il Toro. Il Toro è la contrapposizione al genitore, che rappresenta l’autorità fra le mura domestiche. Il Toro è libertà, prima di tutto. E conquista di ideali che vorremmo puri».

Ligabue: «L’effetto Belotti ha fatto da traino per i tifosi per tanti anni, è vero, in un periodo in cui avevamo ben poco... Ha regalato alla gente un simbolo. Come se fosse una divinità, un eroe. Uno vede Belotti che segna tanti gol e automaticamente un bambino vuole diventare come il Gallo, per emulare il suo idolo. Belotti è stato l’ultimo vero grande traino del Torino, adesso ne attendiamo un altro, intanto ci teniamo stretti Juric. E speriamo che prolunghi il contratto e non voglia lasciarci in anticipo, già tra un anno, visto che il rischio c’è».

Oskar: «Di certo tantissimi di noi tifosi dobbiamo dire grazie ai papà e ai nonni se oggi siamo ancora in grado di amare Toro».

Willie Peyote: «Io per primo: devo dire grazie a mio padre. Oggi ci manca qualcuno che racconti il Toro. In società non c’è nessuna figura che si occupi di questo. I social, ad esempio, come vengono gestiti dalla società? Il Toro non racconta il Toro. Non solo per me, credo, è assurdo che Cairo, un uomo di comunicazione, un grande imprenditore proprio nella comunicazione, anche della pubblicità, non riesca a gestire questo aspetto: all’altezza della storia del Toro. E se non è nato tifoso del Toro, allora metta qualcuno in società che faccia il tifoso per lui. A Cairo invece frega poco o nulla di questi aspetti storici, sentimentali: così sembra».

Ligabue: «Cairo ha dimostrato di essere un eccellente imprenditore, ma nel Toro è a dir poco... approssimativo. L’esempio lampante è proprio Juric: lo prendi e poi non gli fai la squadra! Un anno fa, poi di nuovo la scorsa estate... Juric ha indicato delle priorità, ma poi è dovuto andare al duello con la società. Assurdo. La sensazione è che il Toro sia una vetrina di Cairo».

Quaregna: «Più un mezzo che un fine, insomma?».

Oskar: «Uno degli effetti del cairismo è anche stato l’aver sbriciolato la tifoseria: una cosa grave, mai successa prima».

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