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Belotti, l’ex agente: “L’ho denunciato. Non è un leader, ma una delusione”

BARTOLETTI

Intervista a Sergio Lancini: “Mi ha fatto uno scherzo da 5 milioni, ci sono due cause in tribunale. Ha lasciato scadere il contratto per andare via dal Torino”

Che ricordi ha del periodo in granata?

«Furono subito due anni straordinari, in grande crescendo, che attirarono le attenzioni di grandissimi club come Atletico Madrid, Chelsea e Milan, che alla fine della stagione 2016-2017, quando Andrea aveva realizzato 26 reti, fecero importanti avances».

E perché non si concretizzò il trasferimento?

«Sono sincero: ancora non l’ho capito. Quello che posso dire è che, a fine stagione 2016- 2017, proprio mentre proponevo al calciatore e al Torino le soluzioni di cui abbiamo appena detto (il Milan era veramente arrivato ad un passo da Belotti!) che avrebbero determinato un sensibile miglioramento contrattuale, Andrea mi chiese di rivedere le condizioni del nostro rapporto. Dopo di che, improvvisamente e senza una ragione apparente, mi voltò le spalle a tal punto da non rispondermi più al telefono e non facendosi più trovare, neanche in occasione delle partite. Da quel momento, ricevetti un unico messaggio, tre mesi dopo, con cui mi chiese di non parlare più a suo nome: davvero deludente per un ragazzo che, da quando aveva 15 anni, ho trattato come un figlio e al quale ho dato pieno supporto sia sul piano personale che calcistico. Soltanto due anni dopo venni a sapere con stupore, da un’esclusiva di Tuttosport, che nell’agosto 2017 aveva rinnovato il contratto con il Toro senza dirmi nulla, nonostante fossi ancora il suo agente; avvenimento taciuto, per lungo tempo, anche ai tifosi e alla stampa. Ecco perché non mi stupisce il fatto che, dopo 7 stagioni al Toro, abbia lasciato il club senza nemmeno salutare adeguatamente chi lo ha sempre sostenuto e lo ha eletto come idolo della Maratona, ovvero i tifosi granata».

Quindi non condivise la scelta di restare al Toro nel 2017?

«In quel momento, il trasferimento sarebbe stata la scelta più giusta, per la sua crescita ma anche per quella del club che, con il ricavato, avrebbe potuto alzare di molto l’asticella. Rimase a malincuore e forse questo ne ha condizionato comportamenti e prestazioni negli anni successivi: personalmente mi spiace non avere avuto la possibilità di aiutarlo in quel periodo, come sempre avevo fatto in passato; forse chi gli è vicino non è stato un buon consigliere e ha finito per non fare il suo bene come calciatore. Presa la scelta di restare in granata, gli avrei certamente suggerito di sposare la maglia fino al termine della carriera, diventando una bandiera della società. Così invece, lasciando il Toro a parametro zero, ha dimostrato di essere forse un trascinatore in campo ma non certo un leader dentro e fuori dal terreno di gioco, tale da rendere fieri gli Invincibili di Superga».

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