MAI ARRENDERSI - Il secondo è il più in là nel tempo, però l'abbiamo messo in mezzo agli altri due giacché degli altri due si alimenta (o si affama...). Guardiamolo tuttavia con realismo. Che il Torino non possa (ancora? per il momento?) competere economicamente con realtà opulente dai fatturati multipli del suo è un dato di fatto e non lo si può sottilizzare con un'alzata di spalle. Questo non significa arrendersi supinamente. Anzi, ripreso finalmente il circolo virtuoso costituito dal saper scegliere, valorizzare e crescere calciatori, è dovere assoluto irrobustirlo traendone non solo linfa economica. Crescere, per il Torino, significa giocoforza fare cassa, ma significa pure essere sempre meno costretto a farlo. Esempio pratico: se un anno fa, degli assi di mercato in tuo possesso “dovevi” venderne due su due, adesso magari “devi” venderne uno solo. In futuro, forse, non sarai neanche costretto a farlo, per lo meno non a ogni estate. Insomma, per continuare a costruire il Torino e “costruire” nuovi Immobile e Cerci, nuovi Darmian e Glik e Maksimovic e Bruno Peres, il Torino non deve vendere Darmian, Glik, Maksimovic, Bruno Peres. Palese che se la società cresce, e la squadra migliora, e le Coppe non sono un'estemporanea casualità, diventa più facile trattenere i migliori. Ancor più facile se il Progetto Ventura prosegue e avanza.
IL CONDOTTIERO - Arriviamo così al terzo comma: non perdere Ventura. Assoluto domatore di un Toro imbizzarrito che non c'era verso di far rientrare nel suo recinto di pulizia e grandezza. Lui ce l'ha riportato: con un immane lavoro quotidiano, tecnico e psicologico, manageriale e di pensiero. Scegliendo i giocatori, qualche volta sbagliandoli, ma il più delle volte migliorandoli in maniera determinante. Creando ricchezza tecnica e ricchezza economica. Una rivoluzione copernicana - prorogata, mantenuta - nel mondo Toro dell'ultimo ventennio, che adesso deve essere eternata e diventare definitiva. Il Torino non può farsi scappare Ventura, non ora. Certo, ha ancora un anno di contratto (scade nel 2016), ma poco importa: la società deve fare in modo che non soccomba alla stanchezza, alle sirene allettanti che girano come condor sulla sua testa (Milan, Samp, addirittura qualche Nazionale), al timore di non poter andare ancora più su, col Toro. No, il Toro deve andare più su: e Ventura merita di esserne alla testa. Solo allora, l'allenatore potrà uscire dalla cronaca granata per passare alla storia, senza che il Torino di Cairo rischi una terribile, fatale ricaduta.