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«Spalletti scappi da Roma, è un ambiente di merda»

ANSA
Giancarlo Dotto su Dagospia: «Ha subìto offese tremende e la società non lo ha aiutato»

Spalletti ha subìto offese tremende in questo suo ritorno a Roma. Non gli hanno risparmiato nulla, giornalisti, tifosi e mogli. Altri si fanno scivolare tutto addosso. Lui no. Abbiamo capito che lui non dimentica. Che quando si presenta alla festa di Totti con la copia del disco “Piccolo uomo” sta goffamente mimando il gesto dell’uomo di mondo, l’uscita elegante dal cul de sac che invece lo stritola e lo ferisce. Nel mondo pecoreccio dello show e dei social nostrani gli insulti vanno e vengono, in quello di Lucio restano marchiati a sangue. Lucio sapeva cosa gli sarebbe toccato, era un mondo che conosceva e già lo aveva ustionato una volta.

Immaginava di poterlo dominare stavolta e si sbagliava. Sapeva anche dell’imperversante idolatria tottiana. Ma l’ha sottovalutata o pensava di poter dominare anche questa. Si sbagliava più che mai. La società non lo ha aiutato. Non può farlo. Impotente e anche un po’ ignava. Prigioniera lei per prima dell’equivoco di Mamma Roma, di una città lupa che ama e allatta il suo cucciolo prima ancora della sua squadra. Unica, Roma, anche in questo.

Sono cresciuto nel vizioso mondo degli oratori con l’iperbole in testa che, quando arrivano i nostri, questi, travestiti da sceriffi, settimo cavalleggeri o marines, sono sempre americani. James Pallotta, travestito da romanista, sembra chiaro, non è venuto per salvarci. Ma forse neanche loro, i marines, sbarcavano per questo. Magari, una volta di più, il loro business coinciderà con la nostra felicità.

Certo, mi sento di dire che nessuno a Trigoria ha saputo spiegare a Pallotta cosa vuol dire il calcio a Roma, nella Roma. Errore drammatico. Di una società elegante e telegenica, ma lontana dal dunque e dalla gente, che, quando respira, non lascia sui vetri di Trigoria la traccia del suo fiato, tanto appare evanescente. Peccato. Perché Lucio e Roma, la Roma, sarebbero fatti in realtà per amarsi, se fossero liberi di amarsi».

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