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Conte: "La mia rabbia finta, alla Juve una maschera. Lasciare Napoli era possibile solo in un caso"

Il tecnico campione d'Italia si rivela in una lunga intervista: "Se senti il rischio, allora devi intervenire anche se sembri pazzo"

Dopo una stagione straordinaria, culminata con la conquista dello scudetto, Antonio Conte è stato confermato sulla panchina del Napoli anche per la prossima stagione. I colloqui con il presidente Aurelio De Laurentiis hanno chiarito ogni divergenza, sancendo la volontà comune di proseguire insieme, nonostante sullo sfondo ci siano state diverse voci su un possibile ritorno alla Juve. Il tecnico salentino si è raccontato a cuore aperto, affrontando temi che spaziano dal suo metodo di lavoro alla gestione emotiva del gruppo.

Conte, il sergente di ferro

Conte respinge con decisione l’etichetta di allenatore autoritario e inflessibile: "Ci sono momenti in cui devi essere più rigido, più duro, perché quello necessita la situazione, poi ci sono anche quelli in cui diventi un fratello maggiore, un padre. Per il ruolo di capo, di un leader, sarebbe fin troppo facile imporre la propria idea, dare ordini e basta. Il problema è riuscire a trovare il modo affinché capiscano l’importanza e ti seguano. Le cose devi farle attraverso l’esempio. Si accelera e si decelera, il punto di equilibrio è la chiave di tutto. Vale per il calciatore, il terapista, il magazziniere, il giardiniere. In un club, dal primo all’ultimo, tutti devono far parte di un meccanismo che lavora per ricercare il miglioramento continuo. L’esempio del fare è alla base di tutto. È inevitabile che quando le cose non vanno nella giusta direzione mi arrabbio e anche tanto". Insomma la leadership, per lui, si esercita col fare e non solo con le parole.

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