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Juve e Calciopoli: come il processo di Napoli ha demolito le accuse Figc

In un approfondimento del 18 marzo 2011 vi spieghiamo come è emersa l'"altra verità" tra leggende metropolitane, teoremi e omissioni nelle informative

I fatti di Calciopoli stanno tornando d'attualità. A partire dalle anticipazioni della puntata di Report di lunedì 17 aprile (l'inchiesta è intitolata, appunto, C'era una volta Calciopoli), si è ripreso a discutere di quanto accaduto, grazie alla famosa “chiavetta” di Moggi che riassume “l’altra Calciopoli”. Tuttosport ha sempre raccontato quei fatti mostrando le incongruenze delle indagini, seguendo con grande attenzione il processo di Napoli e i suoi sviluppi in ambito sportivo. Qui di seguito vi forniamo sull'argomento un approfondimento del 18 marzo 2011 a cura di Alvaro Moretti e Guido Vaciago.

Era il 20 gennaio 2009 e si apriva il dibattimento del processo a Moggi più altri 23. Per l’Italia e il mondo Calciopoli era uno scandalo inequivocabile che aveva travolto la Juventus,e marginalmente altre squadre, nell’estate del 2006. Ascoltando per la seconda volta il teste Nucini, martedì 15 marzo 2011 s’è praticamente chiusa la fase dibattimentale, quella in cui si formano le prove nel contraddittorio. Le crepe nelle architravi della Cupola disegnata dai pm di Napoli (e su cui si appoggiò pedissequamente pure la Giustizia Sportiva) erano già evidenti con la sentenza Gea dell’8 gennaio 2009, ma in 26 mesi di testimonianze e perizie abbiamo scoperto un altro “mondo telefonico” e un’altra verità che non s’era voluta (o saputa) descrivere nelle informative.

Un'altra Calciopoli

Insomma, Calciopoli è diventata un’altra cosa, udienza dopo udienza, nell’aula 216 della IX sezione del tribunale di Napoli, davanti alla giudice Casoria. E l’altra realtà, nascosta nelle telefonate di altri dirigenti non coinvolti, come quelli interisti (ma anche del Palermo, della Roma, dell’Udinese, del Chievo, del Brescia etc.), s’è palesata chiaramente, scarnificando l’indagine del colonnello Auricchio: il «sull’Inter non si indaga» (cfr. il teste Coppola), il rapporto con Baldini (che prefigura un «ribaltone»),la totale mancanza di prove o testimoni del taroccamento del sorteggio arbitrale, il traballante teorema delle ammonizioni crollato sotto i colpi delle statistiche e dei comunicati federali. A Napoli abbiamo capito,al netto delle sentenze, che Calciopoli è stata una grande ingiustizia. Perché - piaccia o non piaccia - telefonavano, regalavano, cenavano, chiedevano assistenti o arbitri in tanti (non Moggi, incredibile dictu), senza esclusive. Abbiamo scoperto che le schede svizzere erano intercettabili e che chi era intercettato dai giudici,era da anni pedinato e controllato dagli spioni Telecom o da Nucini. Insomma, a Napoli abbiamo scoperto che c’è anche un’altra verità, che non cancella la precedente,ma la trasforma. Lo capirà anche la Figc?


Scopriamo nelle prossime pagine perché la Figc condannò la Juventus nel 2006 e come il processo di Napoli ha demolito le accuse per cui fu retrocessa in Serie B.

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