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Coppola, le parole del “pentito” di Calciopoli che fu tenuto nascosto a Borrelli

L’allora capo dell’Ufficio indagini cercava qualcuno che rivelasse come funzionava il “sistema”, ma i carabinieri non lo giudicarono interessante

I tempi delle rivelazioni di Coppola

L’argomento più “gettonato” riguarda la tempistica delle rivelazioni di Coppola: «Si è svegliato dopo otto anni...». In realtà, come abbiamo già visto, l’ex assi- stente aveva già detto queste cose ai carabinieri il 20 maggio 2006: «Mi dissero che non gli interessava perché di quella società non emergeva nulla nelle intercettazioni...». Affermazioni che hanno esposto l’avvocato di parte civile Vigoriti («E se non interessava allora - ha chiosato - perché dovrebbe interessare adesso») alla reprimenda del presidente Casoria: «Qui interessa tutto, avvocato, anche perché quello che si dice qui è molto più importante rispetto a ciò che si disse allora...». Chissà cosa farebbe, se potesse tornare indietro, il giudice Borrelli che, catapultato in un mondo a lui sconosciuto, era alla ricerca pubblica di un “pentito”, un Mario Chiesa del calcio che rompesse l’omertà. «Avevo sentito l’appello di Borrelli - ha spiegato Coppola - e andai a deporre proprio per aiutare gli inquirenti a capire come funzionava il mondo del calcio. Per spiegare come Bergamo e Pairetto rimasero fagocitati dal meccanismo dei favori. Ci facevamo raccomandare da tutti, dirigenti del calcio, ma anche questori e preti. E i segnalinee andavano da Meani, il dirigente del Milan, perché li aveva conosciuti anche quando lui faceva l’arbitro». E fece i nomi, Coppola, tre anni fa e non solo ieri l’altro a Napoli.

Il referto

C’è anche chi ha sostenuto che l’episodio riferito da Coppola sia poco verosimile perché “il referto viene scritto subito dopo la gara e dunque era impossibile modificarlo”. Esempio clamoroso di come si affrontino con leggerezza, o per lo meno senza informarsi a fondo, argomenti comunque delicati. Perché Coppola ha spiegato in modo estremamente esaustivo come le pressioni (per tramite del designatore Mazzei) arrivarono in vista della riunione della Commissione d’appello che doveva ridurre da 2 a 1 le giornate di squalifica a Cordoba. «E in effetti - ha spiegato - dopo pochi minuti mi chiamarono i componenti della commissione per dirmi se confermavo o meno il referto (verbalmente, quindi, avrebbe dovuto fare retromarcia). Io confermai e non andai più in A. Perché funzionava così: se non ti adeguavi al sistema subivi ritorsioni». Già: per Coppola il problema non erano l’Inter o la Juventus, ma un intero sistema. Che se non era degno di assegnare scudetti a qualcuno, non lo era per nessuno.

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