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Comolli-Juve, storia e segreti: "Odio la mediocrità, scelgo così e a vincere preferisco..."

Le parole dello scorso settembre del nuovo innesto della dirigenza bianconera spiegano chi è, il suo modus operandi, i valori su cui basa la sua carriera e non solo

Da diversi giorni nei motori di ricerca dei tifosi della Juve è finito il nome di Damien Comolli, pronto a risollevare la dirigenza bianconera. Ma in pochi lo conoscono. E a raccontare qualcosa in più sulla sua vita ci ha pensato direttamente l'ormai ex presidente del Tolosa a Excellent Leadership Podcast lo scorso settembre. La sua storia nasce da una passione viscerale per il calcio, che, a parte la sua famiglia, è il centro della sua esistenza.

"Mi sveglio ogni giorno per il calcio, ed è così da quando ho 3 o 4 anni. Ogni bambino che cresce è un tifoso di calcio. Io volevo essere un giocatore professionista: ho fatto tutta la trafila arrivando a giocare nell’Academy del Monaco, avevo 16-18 anni. Realizzai presto che non facevo lo stesso sport di gente come Lilian Thuram o Emmanuel Petit. Petit era un anno più grande di me, Thuram era due anni più piccolo di me: vedendoli giocare nel settore giovanile del Monaco ho pensato ‘Questi ragazzi sono diversi da me’. Pensai tra me e me: 'Devo stare nel calcio perché è la mia vita, ma come posso stare nel calcio?'. A 18-19 anni iniziai ad ottenere i tesserini da allenatore". 

Comolli e gli inizi

"Era l’unico altro ruolo che c’era ai tempi, e io volevo stare sul campo ogni giorno: se non potevo farlo da calciatore, avrei potuto farlo da allenatore. La mia ambizione era diventare allenatore delle giovanili nell’Academy del Monaco, era il mio sogno. Poi ho avuto il mio primo tesserino, che oggi equivale all’Uefa A o Uefa B: non avevo neanche la patente, mia mamma mi accompagnava lì per prendere il tesserino, con tutti gli altri che avevano 35-40-50 anni e ridevano. Una volta ottenuto incontrai il presidente del Monaco dicendogli che mi sarebbe piaciuto allenare gli Under 8 o Under 9. Lui mi rispose: “Ottimo, grazie davvero per il tuo impegno: torna l’1 agosto e ti daremo una squadra”. Mi presentai l’1 agosto, era il 1992, e loro mi dissero: “C’è una questione”. Allora pensai ‘Ok, ho finito qui. Si sono dimenticati di me’. Mi dissero: “Abbiamo appena sollevato dall’incarico il tecnico dell’U16, tu prenderai la guida per un mese, il tempo di trovare un sostituto. Ma non puoi giocare più, devi interrompere la tua carriera. Beh, probabilmente è stato un bene per il calcio, quindi sono contento di aver interrotto la mia carriera" - ha raccontato.

Il tuttofare nelle giovanili del Monaco

"Sono rimasto quattro anni e poi qualche mese dopo mi hanno richiamato dicendo che in realtà aveano bisogno di dare in aggiunta all'under 16 le tre squadre under 10 perché avevamo anche un problema con un allenatore e così ho iniziato a dirigere otto sessioni di allenamento a settimana, tre o quattro partite per il fine settimana. È stato assolutamente incredibile, e all'epoca un osservatore di campo giovanile era propriamente un "one man band”, quindi facevo scouting, ero allenatore di fitness, ero allenatore dei portieri. Poi a un certo punto ho fatto delle vere e proprie sessioni di allenamento per portieri una volta alla settimana, il mercoledì pomeriggio, quindi prendevo i portieri di tre o quattro diverse fasce d'età e facevo le sessioni di allenamento. Ho imparato così tanto, è stato incredibile. Così ho iniziato a fare l'allenatore" - ha raccontato Comolli.

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