TORINO - L’insoddisfazione mista al rimorso di chi, pur avendo scritto un’operazione dopo l’altra alcune delle più liete pagine della storia del nostro calcio, continua a torturarsi per ciò che non è stato in grado di fare. Per quell’affare saltato all’ultimo. Per quella parola detta o non detta... Ma anche l’orgoglio di chi sa - non importa se con una pacca sulla spalla o un rimprovero - di aver aiutato tanti ragazzi a realizzarsi in Italia e nel resto del mondo. Quando ripensa al passato, però, la sua voce si rompe, e la malinconia prende il sopravvento: "La verità è che sono stato molto fortunato - racconta Walter Sabatini -. Preferisco non soffermarmi troppo sulla 'polvere di stelle', altrimenti mi intristisco. Ieri sera guardavo un programma sulla Premier League in cui si celebravano le gesta di Momo Salah… Quando lo vedo segnare tuttora caterve di gol per il Liverpool mi emoziono. Mi fa sentire in pace con me stesso, e non è roba da poco: per natura rimango un 'auto-massacratore'. Non mi perdono mai nulla".
Sente di poter dare ancora tanto al calcio?
"Ho visto in faccia la morte. Oggi sono un precario della vita, eppure respiro. Ho ancora tanti progetti in mente e sono sicuro che li porterò a termine. Appena chiudiamo questa telefonata mi vado subito a rivedere il superclassico argentino tra River Plate e Boca Juniors per capire se mi è scappato qualcosa…".
Quante partite guarda al giorno?
"Tante. La maggior parte la notte: mi è sempre stata amica. In quelle ore fluisce tutto nella giusta direzione: riesco a risolvere ciò che durante il giorno non mi è riuscito. Anche i pensieri sono più intimi, delicati…".
Un po’ come gli scrittori…
"Si, o meglio, come gli artisti. Chi fa questo mestiere conserva dentro di sé un po di follia artistica. La maggior parte dei colpi che ho chiuso in carriera, sono nati di notte. Il giocatore che mi ha emozionato di più? Dico Javier Pastore. Quando sbarcò a Palermo da ventenne era uno spettacolo incommensurabile. Maradona, poco dopo, lo convocò in nazionale definendolo 'il maleducato del calcio', perché in ritiro faceva tunnel e pallonetti anche ai più grandi, i veterani. Mi spiace che alla Roma sia arrivato con un’anca sfracellata e non abbia potuto mostrare tutto l’estro calcistico di cui disponeva".
Ha rimpianti?
"Tra i miei rammarichi più grandi c’è Rabiot: era tutto fatto perché firmasse con la Roma. Poi ci fu una piccola incomprensione con la madre e crollò tutto. Adrien è un professionista serissimo: nella capitale sarebbe stato felice, avrebbe dato spettacolo. Ci penso ancora adesso".