Il modello Guardiola e la filosofia di gioco
Come si sente dopo 9 mesi a Casablanca?
«Le difficoltà hanno messo a dura prova me e lo staff, ma sono convinto che possiamo fare grandi cose. Quando mi guardo indietro, mi rendo conto che verrei ancora qui – anche con tutti i preconcetti e i consigli di non farlo – e farei tutto nello stesso modo in cui l’ho fatto. È un club speciale e credo che tornerà ai suoi giorni di gloria, ma se così non fosse (ndr: Mokwena ha firmato fino al 2027 con clausola a suo favore di 1 milione di dollari in caso di esonero prematuro), spero di contribuire a far sì che il prossimo allenatore non trovi la squadra nello stesso stato in cui l’ho trovata io».
A chi s’ispira? Al suo celebre zio Dr. Jomo Sono “The Black Prince”, leggenda vivente del calcio “Bafana Bafana”, fondatore, proprietario, presidente e allenatore degli Jomo Cosmos? O a suo padre Julius, ex giocatore degli Orlando Pirates?
«La famiglia è sempre stata la mia pietra miliare. A cominciare dal mio defunto nonno Eric Scara Sono. Il presidente degli Orlando Pirates mi ha raccontato grandi storie su di lui come giocatore e soprattutto come leader. È una persona con cui vorrei avere una linea diretta per comunicare in cielo. Mio zio Jomo e mio padre Julius hanno entrambi plasmato profondamente la mia comprensione del gioco».
Tra gli allenatori ora in voga, qual è il suo modello e perché?
«L’innovazione tattica e la dedizione al bel calcio di Pep Guardiola mi colpiscono. È un grande tecnico che cerca sempre di sviluppare se stesso e i migliorare i suoi giocatori. Un aspetto fondamentale. Apprezzo la capacità di Klopp d’ispirare e di entrare in contatto con i calciatori. Mourinho è e sarà sempre il mio idolo numero 1. È il primo vero tecnocrate. È incredibile ciò che è riuscito a fare. Anche Ancelotti è un vincente che dà una buona impronta. Wenger, Schmidt, Bielsa e De Zerbi sono altri allenatori di cui ho seguito e studio la metodologia».
Qual è la sua filosofia di gioco?
«Quella del relazionismo posizionale promossa dall’ex ct brasiliano Fernando Diniz. Ho viaggiato due volte in Brasile negli ultimi due anni per studiare e familiarizzare con questo modello di gioco. Tutto si basa sull’adattabilità, sulla flessibilità e sulla comprensione. Puntiamo a controllare le partite attraverso un possesso intelligente e un pressing incisivo».