TORINO - Stefano Okaka, sei anni fa Tudor - sulla falsa riga di quanto sta accadendo ora alla Juventus - sbarcò nella sua Udinese a marzo, guidandovi verso una salvezza miracolosa. Mi racconta un po’ come ci è riuscito?
"Quando è arrivato a Udine ha passato i primi 10 giorni a osservarci singolarmente in allenamento, soprattutto a livello di approccio: voleva capire chi avesse più carattere, più voglia, chi avrebbe fatto di tutto per centrare la salvezza. Poi ha iniziato a farci lavorare tantissimo a livello fisico, e poco a poco ci siamo rimessi in careggiata…".
Che rapporto aveva con il mister?
"Odio e amore in tutti i sensi: all’inizio mi riempiva di complimenti, dicendomi che potevo giocare a un livello superiore, poi c’è stato un episodio in cui abbiamo discusso… Era la penultima di campionato e giocavamo contro la Spal: segnai una doppietta eppure Tudor decise di togliermi verso fine partita. Uscendo dal campo mi sono lamentato e lui non l’ha presa molto bene. Qualche giorno dopo - nonostante fossimo già salvi - c’è stato poi un altro scontro tra noi in allenamento. E questo la dice lunga sulla competitività e sull’intensità agonistica che ti trasmette un tecnico come lui… Lì ho sbagliato a non chiarire subito: ero giovane e orgoglioso. Qualche settimana più tardi ci siamo confrontati ed è risbocciato l’amore. Ora siamo grandi amici".
E in allenamento com’è?
"È molto esigente. Passa il tempo a caricarti, spronandoti a dare il meglio. Non gli basta mai. In spogliatoio poi è per distacco uno degli allenatori più simpatici che abbia mai avuto. Scherza tanto, ma quando mette i piedi in campo - che sia per l’allenamento o per la partita - si trasforma e diventa un’altra persona. Nel mio secondo anno a Udine, non eravamo partiti benissimo in campionato, così lui un giorno entra nello spogliatoio con la camicia Hawaiana e fa: 'Ragazzi mi sono già vestito per andare in vacanza, anche perché se continuiamo così mi fanno fuori sicuro'… Un grande! Quando l’hanno mandato via mi è spiaciuto tantissimo".