«Ci prendono per il culo?». Gianni Agnelli rivolge l'amletico dubbio al Conte Camillo Cavalli d'Olivola, suo amico e dirigente della Juventus. E no, nessuno sta prendendo in giro l'Avvocato, il Milan sta davvero perdendo di brutto a Verona e i romanisti della tribuna d'onore dell'Olimpico hanno solo anticipato (radiolina all'orecchio) quello che appare trenta secondi dopo sul tabellone luminoso dello stadio. Agnelli però non riesce a sorridere neanche di fronte all'ufficialità della notizia: nessuno lo sta prendendo in giro, è vero, ma la Juventus sta perdendo contro la Roma. È il 20 maggio del 1973, si sta consumando uno dei pomeriggi più drammatici della storia del campionato italiano. Ci sono tre squadre che possono vincere lo scudetto: il Milan è in testa con 44 punti, seguono la Juventus e la Lazio a 43. Tutte e tre giocano in trasferta: il Milan a Verona, quattro giorni dopo aver vinto a Salonicco la Coppa delle Coppe in una tiratissima finale con il Leeds United; la Juventus all'Olimpico contro la Roma; la Lazio al San Paolo contro il Napoli. «Siamo in piedi da nove mesi, domenica la facciamo finita», spiega Nereo Rocco alla vigilia della partita del Bentegodi, ha vinto la Coppa, si sente lo scudetto in tasca.
"Fidati, oggi non si perde..."
Quando rientra negli spogliatoi dopo il primo tempo le sicurezze, ammesso che non fossero ostentante per caricare la squadra, sono molte meno. Il Milan è sotto tre a zero, ma soprattutto si sta sgretolando fisicamente e psicologicamente. Girano i pensieri e le scatole a Rocco nel ripassare i concitati giorni della settimana precedente: c'era stata, da parte dei rossoneri, richiesta di rinviare Verona-Milan, per avere qualche giorno in più dopo la fatica della finale di Salonicco, la Lega Serie A aveva nicchiato, perché la contemporaneità di una giornata così delicata non si poteva compromettere e aveva detto "no" al rinvio. Il Milan avrebbe giocato domenica pomeriggio insieme a Juventus e Lazio. E al 45' era sotto di tre gol. E se la stanchezza stava incidendo, c'era anche un altro fattore che in seguito venne spiegato da un protagonista in campo, il veronese Gianfranco Zigoni: «Vidi il colpo d'occhio dello stadio, con tante bandiere rossonere. Quelle gialloblù erano nascoste. Mi avevano detto che i milanisti non volevano che si vedessero e le avevano fatte riporre o nascondere. Questa arroganza non mi era piaciuta per nulla, mi ha dato un po' sui nervi, diciamo che mi ha generato un senso di ribellione e, così, ho detto al mio compagno Mazzanti: Fidati Mazza, oggi non perdiamo con questi qua, dovranno fare i conti con me».