Tuttosport

LIVE

Platini: “I tifosi Juve sbagliano su Elkann. Ceferin-Infantino? Sono il niente”

 

Intervista esclusiva alla leggenda bianconera: "Oggi non è tempo di sognare, ma di risanare. Poi però si torna sempre a vincere"

Michel Platini respira Torino e sorride come si sorride quando si torna a casa. Oggi giocherà a golf al Royal Park per la gara benefica “Vialli e Mauro”, l’occasione per rivedere vecchi amici e risentirsi un po’ più vicino alla Juventus, che comunque resta sempre nei suoi pensieri anche a Cassis, dove vive.

Buongiorno Platini, è pronto per la “Vialli e Mauro”?

«Io non sono mai pronto, soprattutto di giocare a golf, ma sono felice, perché sono a Torino, perché c’è Massimo (Mauro, ndr), perché ricordiamo Gianluca (Vialli, ndr), perché ritrovo tanti amici. Chiederò a Massimo, dammi la data dell’anno prossimo che me la segno subito».

Torna volentieri a Torino?

«Sempre. È casa per me. Ho ancora degli amici e dovrei tornare più spesso».

Ha visto la finale di Champions?

«Soprattutto il primo tempo. Beh, come si dice? Si gioca in undici, c’è un pallone e alla fine vince il Real Madrid. Hanno un mix di esperienza, fortuna e campioni che li fa prevalere anche quando non sono i più forti. Nel primo tempo forse meritava il Borussia, ma quando hai la qualità del Real... Voglio dire: in fondo servono un portiere che para e un attaccante che segna, no? E quel Vinicius è fortissimo».

Cosa pensa di Bellingham?

«Sono sincero, l’ho visto poco quest’anno e non posso giudicarlo. Però è un centrocampista che segna molti gol, mi ricorda qualcuno (ride)».

Guardiola o Ancelotti?

«Non scelgo, sono due amici e sono eccezionali tutti e due. Due modi completamente differenti di interpretare il calcio, entrambi efficaci, anche se alla fine il City di Guardiola a volte mi ricorda la Roma di Liedholm dove giocava Ancelotti. Buffo no? Liedholm diceva: se il pallone ce l’abbiamo noi, non ce l’hanno gli altri, stessa filosofia del City».

La sua Juventus però batteva sempre la Roma di Liedholm.

«Ma quando Zibì è andato da loro, abbiamo beccato due volte 3-0! Quanto mi piaceva giocare a Roma ad aprile, mi ricordo lo stadio, il cielo meraviglioso, le battute dei romani che mi facevano sempre ridere. Sono dei momenti bellissimi della mia vita, magari non mi ricordo il risultato, ma mi ricordo l’ambiente. Lo sai, io sono sempre stato un po’ strano».

Negli ultimi vent’anni il calcio è migliorato o peggiorato?

«Mmmm è complicato. Per me il calcio come evento in uno stadio è migliorato, però i giocatori mi sembrano un po’ tutti uguali, un po’ stereotipati o, comunque, fatti perché in una squadra sia più importante l’allenatore rispetto ai calciatori che non osano più, non dribblano, non provano a inventare qualcosa, sono frenati dagli allenatori. Non è il calcio dei calciatori, ma il calcio degli allenatori oggi, con meno talento, meno fantasia, più corsa e posizionamento. Credo che si dovrebbe tornare un po’ al calcio dei calciatori, è più divertente. E poi ci sono sei/sette squadre che concentrano i migliori giocatori del mondo e questo è un po’ meno divertente, perché ai miei tempi erano più distribuiti. Poi, attenzione, il gioco rimane divertente, ci sono dei grandi campioni che mi divertono. Dopo però quando vedo un giocatore che entra in campo e l’allenatore gli mostra il foglio con gli schemi... beh, quello mi sta sulle palle: ma lascialo giocare, no?».

Abbonati a Tuttosport

L'edizione digitale del giornale, sempre con te

Ovunque ti trovi, tutte le informazioni su: partite, storie, approfondimenti, interviste, commenti, rubriche, classifiche, tabellini, formazioni, anteprime.

Sempre con te, come vuoi