A vent’anni esatti dalla nomina a vice presidente dell’allora Gruppo Fiat, John Elkann si è confessato in una lunga intervista verità ad Avvenire. Tra visioni imprenditoriali, legami con il territorio torinese e un doloroso passaggio sulla vicenda dell’eredità contesa dalla madre Margherita. «Con mio fratello e mia sorella abbiamo piena fiducia nella magistratura italiana – la premessa del proprietario della Juventus, oggi amministratore delegato di Exor –. È una situazione che dura da vent’anni, da quando, nel 2004, tutta la mia famiglia per senso di responsabilità si è compattata intorno alla Fiat, portando avanti le volontà di mio nonno. L’unica a chiamarsi fuori è stata mia madre. E invece di essere contenta per la Fiat, per la sua famiglia, per la realizzazione del volere di suo padre, ha reagito nel modo peggiore. Come vivo questa situazione? Con grande dolore, un dolore che ha radici lontane. Insieme ai miei fratelli Lapo e Ginevra fin da piccoli abbiamo subito violenze fisiche e psicologiche da parte di nostra madre. Ed è questo che ha creato un rapporto protettivo da parte dei nostri nonni».
Elkann, Torino e il futuro
Tra i quali, naturalmente, Gianni Agnelli, per tutti l’Avvocato, così legato alla Juventus, di cui ha ricoperto la carica di presidente dal 1947 al 1954, e a Torino. «Nonostante il lavoro mi porti prevalentemente fuori dall’Italia, abbiamo deciso con mia moglie di abitare a Torino – ha proseguito Elkann –. Qui sono nati i nostri figli, qui sono stati battezzati e qui vanno a scuola. Le nostre radici sono a Torino, un territorio a cui ci sentiamo legati e sul quale continuiamo a rafforzare il nostro impegno sociale».
Quindi un passaggio sul futuro dell’industria, dell’automotive e, in particolare, sull’impegno della famiglia per l’auto in Italia. «Con la mia famiglia siamo impegnati in prima persona nel nostro Paese in una storia imprenditoriale che copre tre secoli: costruiamo con orgoglio un futuro forte in Italia e nel mondo - le sue parole -. Vent’anni fa tutti davano la Fiat per morta, ma non è andata così: grazie all’impegno della mia famiglia, la guida di Sergio Marchionne e il lavoro di tutte le persone coinvolte, abbiamo cambiato un destino che sembrava segnato. Questo ci ha inculcato un forte senso di sopravvivenza, che è il tratto comune delle quattro società che oggi compongono Stellantis: Fiat, Chrysler, Peugeot e Opel. Guardiamo ai fatti: il nostro destino pareva quello dell’Olivetti o quello, ugualmente infelice, della nazionalizzazione come nel caso dell’Alitalia o dell’Ilva. E invece non è andata così: oggi l’insieme delle nostre aziende danno lavoro a più di 74mila persone in Italia, dove abbiamo investito 14 miliardi negli ultimi 5 anni».