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De Luna: "La Juventus per gli Agnelli è una appendice d’amore!"

I pensieri e la visione di uno degli storici più apprezzati d’Italia sui 100 anni di proprietà del club bianconero, una realtà in assoluto più unica che rara

Giovanni De Luna è uno dei più importanti storici italiani, ha insegnato all'Università di Torino ed è autore di numerosi testi fondamentali sulla storia italiana. Tifoso della Juventus, fu uno dei principali curatori della mostra "Juvecentus" del 1997 per il centenario del club e ha scritto (con Aldo Agosti) "Juventus. Storia di una passione italiana".

Buongiorno professor De Luna, domani sono cento anni che la Juventus è di proprietà degli Agnelli.

«Quando si presentano certi anniversari, sono solito concentrami sul presente nel quale arrivano, che guardarmi indietro. E allora dico che forse era meglio se questa ricorrenza fosse capitata tre anni fa, perché sarebbe stato un presente glorioso, con nove scudetti vinti, un record incredibile e impossibile da eguagliare. Invece arriva dopo tre anni di carestia, in un presente non molto allegro, una squadra non esaltante, una campagna acquisti inesistente e l'entusiasmo che è scemato negli ultimi tre anni. Ecco, tre anni fa sarebbe stato il momento perfetto per celebrare il binomio Agnelli-Juve. Detto ciò, le imprese rimangono e quella dei nove scudetti è molto vicina».

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Forse troppo vicina?

«È sicuramente un dato statistico impressionante, troppo fresco per consegnarlo alla storia, per comprenderne compiutamente la portata. Resta un'impresa irripetibile a mio parere».

Guardiamoci indietro per un attimo, allora, per capire il senso di questi cent'anni.

«Se parliamo del passato che l'anniversario ci riporta in mente, questa simbiosi rimane una caratteristica specifica del club, un'unicità nello sport. Anche se non la definirei granitica, perché se si sommano le presidenze di Edoardo, Gianni, Umberto e Andrea si ottengono quarant'anni sui cento. Il centenario lo potremmo definire della Fiat, cioè è giusto sostenere che dalla presidenza di Edoardo la Juve ha cominciato a orbitare nel mondo Fiat e che se non c'erano in prima persona gli Agnelli, ci mettevano Catella, Boniperti, Franzo Grande Stevens, Chiusano, uomini Fiat o di grande fiducia. E poi c'è una parentesi significativa a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, quando dopo la morte di Edoardo ci fu un periodo di non nitido controllo degli Agnelli, con la presidenza di De la Forest e poi di Dusio. Tant'è che c'è un dettaglio che fa arrabbiare tantissimo i tifosi del Toro».

Quale?

«Durante l'occupazione nazista i giocatori erano richiamati al fronte se non potevamo dimostrare di essere impiegati nell'industria bellica. Ebbene in quel momento cruciale, il senatore Agnelli chiamò Ferruccio Novo, di cui era amico, e gli offri di assumere i giocatori del Grande Torino. Mentre quelli della Juventus erano stati assunti da Dusio, presidente bianconero in quel momento e proprietario della Cisitalia, altra casa automobilistica. Tant'è che in uno strano derby, giocato nel 1945 in onore di Pio Marchi, giocatore juventino morto sotto i bombardamenti del 1942, si sfi darono il "Torino Fiat" e la "Juventus Cisitalia", cosa che i granata non digeriscono sempre facilmente. Peraltro quel derby finì a pistolettate sugli spalti, ma questa è un'altra storia».

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