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Massimo Mauro, la Juventus, il DNA che manca e la via per ripartire

Intervista all’ex giocatore bianconero e opinionista televisivo: “Se oggi fossi un loro calciatore non mi preoccuperei della classifica, sarei più motivato a dare il top”

Chi di sicuro non ha questo problema è il Napoli. Grandi, piccole non fa differenza: sta passando sopra tutto e tutti. Si aspettava una stagione così?

«Onestamente così bene no. Ma per un motivo preciso che va ricordato: il Napoli ha perso in un colpo solo Koulibaly, Mertens, Insigne e Fabian Ruiz, ovvero quattro elementi fondamentali. Di solito se togli quattro pilastri, non riesci subito a ripartire. Invece il Napoli non solo ha resistito, ma è pure migliorato molto, sotto tutti gli aspetti. Ma io credo che nemmeno Spalletti si sarebbe aspettato, a questo punto del campionato, di avere 13 punti di vantaggio in classifica da chi insegue. Certamente le crisi di Juventus e Milan, maturate per motivi diversi, hanno contribuito alla fuga: solo l’Inter cerca di restare in scia, ma è comunque parecchio distante. Detto questo, il Napoli è primo con ampio merito, avendo dimostrato una qualità di gioco da grandissima squadra».

Ha accennato al Milan: è come se all’improvviso si fosse spenta la luce. Che idea si è fatto?

«C’è una frase che vale nello sport e ancora di più nel calcio ed è una frase vera: vincere non è il difficile. Molto più difficile è confermarsi. L’anno scorso Pioli ha tirato fuori il 110 per cento da questa squadra. Ora i giocatori sembrano diversi eppure sono più o meno sempre gli stessi. E pure l’allenatore è lo stesso eppure pare diverso. Questo aiuta pure a capire quanto valore abbia la striscia vincente di scudetti della Juventus: alla decima e alla undicesima stagione hanno sbagliato tutto, ma nelle nove precedenti hanno conquistato altrettanti scudetti. Ed è qualcosa di veramente difficile da realizzare. Tornando al Milan, è successo tutto in un mese e da fuori è difficilmente spiegabile. Si vede però che le prestazioni dei giocatori sono molto al di sotto del loro standard e su questo c’è da porsi più di una domanda».

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