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Pjanic, la categoria di Allegri e il problema registi alla Juventus: “Io sono cresciuto così”

Il centrocampista, che ora gioca negli Emirati Arabi, anticipa la sfida contro il Napoli raccontandoci i suoi due ex tecnici: “Max lavora sulla testa. Spalletti? Ho un rimpianto”

C’è una favorita?

«No, io dico 50 e 50. Anche se la pressione sta dalla parte del Napoli. Hanno perso punti contro l’Inter: ci sta, per carità, ma se vogliono mantenere questa distanza non devono più lasciare niente per strada altrimenti rischiano di andare incontro a incertezze e paure».

Pirlo, poi Pjanic… Da quando è andato via lei la Juventus fatica a trovare un regista. Ora Allegri sta puntando su Locatelli «reinventato», anche se c’è Paredes che sta recuperando spazi. Ha consigli da dare?

«Io sono cresciuto anche ascoltando quello che il mister mi chiedeva su quella posizione. Prima di me c’era Pirlo, io ho trovato il massimo della mia carriera in quella posizione lì: abbiamo vinto gli scudetti, siamo andati in finale di Champions. Credo che i giocatori in regia debbano prendersi le loro responsabilità, sapere che sono in un ruolo molto importante per la squadra: devono inventare, manovrare, anche sbagliare, ma devono prendere certe decisioni sul campo per creare della superiorità. Devono osare, chiedere la palla, distribuirla, giocare in avanti, trovare l’imbucata. Allegri lo dice con precisione quello che serve, starà a loro ascoltarlo. Ricordo che con me ha fatto un lavoro specifico: mi dava indicazioni, mi faceva vedere video con lo staff, mi parlava in allenamento. Anche perché in quanto giocatore davanti alla difesa dovevo dare una mano anche ai compagni per tagliare le linee di passaggio, per recuperare palloni… Allegri ha sfruttato al massimo le mie qualità. Ora può fare lo stesso lavoro con chi c’è: i centrocampisti hanno talento e potenziale, ma la differenza tra un campione e un giocatore «normale» sta anche nella voglia e nella determinazione che ci metti. Peraltro non dimentichiamoci dei giovani: oggi c’è Fagioli, mi è sempre piaciuto anche quando c’ero io e lui era nelle giovanili. Sono contento che abbia più spazio. Miretti non l’ho conosciuto ma mi piace perché quando ha la palla ha sempre la testa alta e guarda in avanti, gioca in avanti, non fa passaggi banali».

Potremo rivederla in Italia?

«Sì! Io tornerò, l’Italia la amo. Sono molto affezionato. Tornerò presto allo Stadium. Il mercato di gennaio? Non so: per adesso nessuno mi ha chiamato».

Certo, la sua vita è stata una grande sfida vinta. Ora vive a Dubai, praticamente in un Paese da sogno. E pensare che tutto era iniziato in Bosnia, con la guerra, poi la fuga, i sacrifici…

«Io so quanto ci ho lavorato per arrivare a certi livelli: ci ho messo tanta passione. Oggi sono in un altro continente, ma sto facendo sempre quello che mi piace: amo il calcio, lo seguo. Anche quando smetterò rimarrò in questo mondo. Tutto questo è stato un sogno. Ho giocato nelle più grandi squadre europee: in Francia, in Italia, in Francia, in Turchia. Sono state esperienze molto piacevoli sapendo la strada che ho fatto: dalla Bosnia, scappando dalla guerra, andando in Lussemburgo. Sono partito da un piccolo Paese con neanche mezzo milione di abitanti e sono arrivato a giocare al Lione, alla Roma, alla Juventus, al Barcellona, al Besiktas. E’ stata una grande rivincita per me e la mia famiglia. Oggi sto qua e provo a trasmettere certi valori anche a mio figlio».

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