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Rosucci, la Juventus “quella vera” e il retroscena su Agnelli

Intervista alla giocatrice delle Women: “Corro e lotto anche in un ruolo non mio, da centrale. E quando Montemurro me l’ha detto…”

Cosa ha pensato la prima volta che le ha detto “Giochi centrale difensivo”?

«“Ma sei sicuro”? Anche perché era la gara contro l’Inter… In quel momento ero contenta e ho ringraziato di essere una che tende ad ascoltare sempre in campo anche i consigli che arrivano per gli altri reparti. Non nego, invece, che prima della gara con l’Arsenal avevo un po’ di timore, di fronte mi aspettava Miedema, una che per me è nelle tre top europee».

Ma la prestazione è stata eccellente, e quel colpo di tacco nel finale decisivo.

«Quello è stato tutto istinto… da centrocampista!».

Il nuovo ruolo può darle modo di vivere una carriera ancora più lunga?

«Lo spero, ci ho pensato in effetti. Credo che le persone intelligenti siano quelle che cambiano con il cambiamento. Quello di centrocampista resta il mio ruolo preferito, lo sottolineo, ma faccio volentieri anche il difensore».

Che da necessità ora è diventata scelta precisa, anche a livello tattico.

«La visione offensiva del gioco di Montemurro mi ha aiutata ad affrontare bene questo cambiamento. Poi io credo che nei ruoli ci sia anche un po’ la nostra personalità: il centrocampo è quello che unisce, quello delle relazioni che mi rappresenta. Ma poi ho pensato che in questo momento difficile provare a difendere, nel senso più ampio della parola, la mia squadra è una cosa di cui mi faccio carico volentieri».

Da difensore centrale ha già affiancato Sembrant, Salvai e Lenzini. Come le definirebbe con un aggettivo?

«Hai dimenticato Gama, ma non per errore tuo. Non ho mai giocato con lei, ma è stata la prima a cui ho chiesto consigli pratici: è il mio mentore, ho parlato con lei prima dell’Arsenal e dopo il Parma per capire meglio l’errore che avevo commesso. Sembrant è esperienza e conoscenza, Salvai sicurezza ed eleganza, Lenzini è una forza della natura dotata di grande attenzione».

Come è cambiata l’emozione, dopo sei anni, quando i tifosi la invocano quale “Regina di Torino”?

«Io in realtà sono una che preferisce stare in mezzo alla plebe, infatti un po’ mi vergogno… ma mi fa anche un piacere immenso perché sento il loro calore e credo che loro sentano il mio e sentano la riconoscenza che ho perché ci seguono davvero in tutta Italia e ora anche in Europa. Poi certo aiuta anche il fatto che questa sia da sempre la mia squadra del cuore».

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