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Juve, il processo mediatico fa danni che nessuno paga

Vittorio Manes, professore di diritto penale: "In questa fase circolano solamente le tesi dell’accusa e le intercettazioni telefoniche non rappresentano la realtà”

C’è, però, qualcosa dell’inchiesta torinese che l’ha colpita nella chiave dell’analisi del processo mediatico?

«Forse che il processo di cui stiamo parlando ha a che fare anche con valutazioni tecnico-contabili e altri dati estremamente tecnici, suscettibili di valutazioni potenzialmente molto diverse. Quindi la diffusione delle intercettazioni può essere ancora più fuorviante perché il cuore del processo, probabilmente, sarà altrove».

La pubblicazione delle intercettazioni viola la legge?

«Purtroppo dopo che l’ordinanza di custodia cautelare viene consegnata agli indagati cade la segretezza del contenuto, il cosiddetto segreto interno. L’atto in sé resta non pubblicabile, ma per una regola tanto stravagante quanto ipocrita non lo è il suo contenuto che si può pubblicare con i soliti espedienti».

Come ci si può difendere nel processo mediatico?

«Negli Stati Uniti moltissimi processi che hanno grande evidenza mediatica vedono la presenza di avvocati che si occupano esclusivamente di quello, per fronteggiare le ricadute mediatiche. Ormai è un fenomeno molto diffuso e studiato: in Spagna viene definitivo “processo parallelo”, in Germania “preprocessi pubblici”. Ed è’ un fenomeno sempre più grave negli ultimi dieci anni, per la moda dei talk show e l’esplosione dei social network, luoghi dove si celebra il processo parallelo, che poi finisce per condizionare il giudizio finale».

In che modo?

«Sorto diversi aspetti. Personalmente, non credo che chi deve giudicare riesca a conservare la propria indipendenza valutativa - e tanto meno la propria verginità cognitiva - dopo una massiva campagna mediatica. Il giudice è un uomo e, in quanto tale, dotato di una coscienza che non può non essere influenzata anche in modo inconscio da quello che ascolta o vede fuori dall’aula processuale. Nel suo bagaglio cognitivo finiscono inevitabilmente per esserci degli elementi del processo mediatico che possono influenzarlo. E poi, quando si è formato un fronte colpevolista nel pubblico e sui media, il giudice e’ fatalmente stretto in una morsa, e sarà chiamato a dire da che parte sta: se dalla parte dell’opinione pubblica o dalla parte di imputati che la vox populi giudica già colpevoli».

E quali altri effetti può avere il processo mediatico?

«Ogni avvocato che ha esperienza di vicende analoghe ha visto storie personali e familiari, destini politici o imprenditoriali devastati dai processi mediatici. Anche se magari dopo quattro o cinque anni, il processo finisce nel nulla. Questo è il dato che dovrebbe fare maggiormente riflettere».

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