Un punto di riferimento
Nelle squadre di cui è stato capitano nel corso dei suoi quattordici anni bianconeri, tutti lo prendevano a esempio, ovviamente pochi riuscivano veramente imitarlo, ma restava un punto di riferimento a cui tendere. «Sarebbe diventato un grandissimo allenatore», diceva di lui Dino Zoff, eterno amico che lo aveva voluto come suo secondo in panchina. Durò poco la loro Juventus: un po’ perché la tragedia di Babsk, il 3 settembre 1989, rubò a tutti Gaetano; un po’ perché Zoff allennò la Juve solo due stagioni. Zoff e Scirea, insieme, avrebbero ancora insegnato calcio e juventinità, tecnica e stile, tattica e umanità: usando sempre poche ed efficacissime parole.
L'eredità di Scirea
L’esempio però è stato tramandato, Scirea vive ancora nel mondo della Juventus e non solo perché papà, mamme, zii e nonni possono raccontare chi sia stato, ma perché in qualche modo il club ne ha sempre conservato qualcosa e se Giorgio Chiellini, che quando Scirea è scomparso aveva solo cinque anni e forse ne aveva appena sentito parlare, ha voluto scrivere un libro su di lui, significa che il testimone passa ancora di mano in mano e Scirea resta il fratello maggiore di tutta la grande famiglia juventina.