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Scirea, uomo e campione, unisce storia e filosofia della Juventus

Liverani

Viaggio nella juventinità, fra valori, filosofia, ragionamenti e luoghi comuni (6ª puntata)

Voleva sempre vincere

Questo perché Scirea non era mai scorretto in campo, non era mai sopra le righe, offriva talmente tanto rispetto che ne riceveva in cambio il doppio. Voleva vincere, sempre, ogni partita che giocava, ogni manifestazione alla quale partecipava, ma non voleva mai umiliare l’avversario e aveva sempre in mente gli occhi di chi guardava la partita. Renzo Contratto raccontava spesso un episodio durante una partita fra Juventus e Fiorentina: «Scoppia una gazzarra dopo un fallo contestato, spintoni, minacce, insulti, l’arbitro sta quasi perdendo il controllo della situazione quando arriva Scirea, calmissimo e ci dice: “Ma cosa state facendo? Ci sono le vostre mogli e i vostri figli in tribuna che ci guardano”. In pochi secondi tutti si erano calmati e tenevano lo sguardo basso vergognandosi un po’. Scirea aveva detto la cosa giusta».

Cosa scriveva Gianni Brera

Scirea era un tipo silenzioso, perché misurava tutto: i passi che servivano ad anticipare un attaccante senza sfiorarlo e le parole utili a dire qualcosa di sensato. Quest’ultima caratteristica lo portava a stare molto in silenzio, perché in fondo le cose giuste da dire sono poche e si possono sintetizzare senza troppa poesia. Per quanto, nella sua essenzialità umana, Scirea era estremamente poetico. Scriveva di lui Gianni Brera: «Era dolce e composto, di una moderazione tipica del grande artista. Non era difensore irresistibile né arcigno, era buono, ma completava il repertorio con sortite di esemplare tempestività, a volte erigendosi addirittura a match winner».

L'esempio in allenamento

In tutto questo c’era tanta juventinità. Lui, lombardo, amava il profilo basso dei piemontesi che tanto si sposava con lo stile Juventus, che negli anni in cui ha giocato si consolidava fra l’austera presidenza di Boniperti e la classe di Gianni e Umberto Agnelli. Scirea vinceva, festeggiava con moderazione e poi, con la stessa umiltà che aveva prima di vincere, si metteva a progettare un’altra vittoria. Dando l’esempio in allenamento, parlando con chi era in difficoltà dentro lo spogliatoio, non eccitando mai le folle, ma concedendosi a qualsiasi tifoso volesse una fotografia, un autografo o un semplice sorriso. «Tutto questo è stato ed è profondamente juventino, tutto questo è quello che deve essere uno juventino», ha spiegato Giampiero Boniperti.

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