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Champions, la Coppa proibita per la Juventus: Dna, avversari, arbitri o sfortuna?

AG ALDO LIVERANI SAS

Il club bianconero è quinto in tutte le classifiche storiche della Champions. Il problema non è il Dna europeo, ma le finali. E ognuna ha una storia diversa

Quelle perse contro le più deboli

Altre tre di quelle sette finali perse, la Juventus le ha perse contro squadre nettamente più deboli: nel 1983 contro l’Amburgo, che sì era schierato benissimo in campo e aveva molti nazionali tedeschi, ma giocava contro la Juventus dei sei campioni del mondo rinforzata con Platini e Boniek, in grado di buttare via un divario tecnico pazzesco in quella folle notte ad Atene; nel 1997 contro il Borussia Dortmund brillante, ma che non aveva nessuno all’altezza di Zidane, Del Piero, Deschamps, Vieri o Boksic; nel 1998 contro il Real Madrid meno forte che abbia mai vinto una Coppa Europea, perché, sì, c’erano Roberto Carlos e Raul, ma Mijatovic e Morientes non erano certo come Zidane, Del Piero e Inzaghi. Una di quelle finali, infine, la Juventus l’ha persa ai rigori contro il Milan, al termine di una partita equilibrata, come equilibrato era il confronto fra le due migliori squadre del calcio italiano ed europeo in quel momento. Il Milan non era più forte o più debole e ha vinto per aver realizzato un rigore in più di quella folle sequenza di Manchester con Dida e Buffon protagonisti di cinque parate su dieci penalty.

C'è poco da rimproverarsi

Esiste, dunque, un filo conduttore? Apparentemente no. Perché in quattro casi su sette la Juventus ha poco da rimproverarsi, se non la sfortuna di essere arrivata in finale contro una squadra più forte o aver sbagliato un rigore di troppo. Le rimanenti tre sono invece ragione di laceranti rimpianti. E, in fondo, anche di qualche recriminazione, soprattutto nel 1997 e nel 1998. A Monaco di Baviera, contro il Borussia Dortmund la Juventus perde 3-1, ma si lamenta per due interventi sospetti da rigore (su Jugovic e Del Piero) e un gol annullato a Vieri per un fallo di mano molto dubbio: tre decisioni molto sfortunate dell’arbitro ungherese Sandor Puhl che, azzeccandone almeno una, avrebbe potuto cambiare la storia del match (a fine partita il vicepresidente Roberto Bettega sibilò: «Ci ha battuto una federazione più forte»).

Il fuorigioco di Mijatovic

Ad Amsterdam, l’anno successivo, la Juventus perse 1-0 contro il Real e il gol che decise l’assegnazione della Coppa dalle grandi orecchie era in fuorigioco. Attenzione, non in “dubbio fuorigioco”, proprio in fuorigioco, visibile chiaramente in tutte le immagini televisive che inchiodano la posizione irregolare di Predrag Mijatovic: chissà, con il Var quella finale poteva finire in un altro modo. Insomma, due coppe la Juventus le ha perse anche per colpa degli arbitri (a cui qualcuno aggiungerebbe quella di Berlino 2015, per il fallo da rigore da Pogba, ma è un altro discorso perché quel Barcellona era davvero molto più forte). Eppure raramente se ne parla quando si argomenta sullo scarso “Dna europeo della Juventus”. La Juventus stessa, al netto di qualche polemica del momento, non ha mai epicizzato quegli errori arbitrali, schivando la creazione del “gol di Turone europeo”, anzi, ha sempre fatto autocritica sull’approccio tenuto in quelle partite.

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