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Gianni Agnelli e il Dna della Juventus: il supertifoso a cui ispirarsi

Il codice Juve: viaggio nella juventinità, fra valori, filosofia, ragionamenti e luoghi comuni (4ª puntata)

La critica e l’ironia

Gianni Agnelli, insomma, getta il seme della visione critica, a volte ipercritica, nel tifo bianconero. E come se insegnasse a milioni di juventini che non c’è eresia nel prendersela con uno dei tuoi. Come questo seme sia cresciuto nel corso dei decenni può essere discutibile, anche perché non tutti godono di quel tipo di ironia, tuttavia quel tratto del carattere juventino è senza dubbio frutto di un imprinting avvocatesco.  Ma non c’è solo la critica. La Juventus è anche l’unico amore a cui Agnelli resta fedelissimo e forse uno dei pochi che riesce a fargli compiere autentiche follie per andare da lei. La presenza in tribuna, spesso anche in trasferta, combinando gli impegni derivanti dall’essere il più importante industriale italiano, è un gesto di amore profondo, anche qui esemplare, come dire: la Juve si onora. Così come l’ironia - sempre quella! - con la quale amava sferzare gli avversari, con uno snobismo che voleva quasi marcare la nobiltà calcistica della Juventus, quella nobiltà che scolpisce un altro tratto del tifoso bianconero: ovvero la sensazione, giusta o sbagliata che sia, di avere qualcosa di differente a caratterizzarli, la versione calcistica del sangue blu o, in questo caso, sangue bianconero.

Il codice Agnelli

Gianni Agnelli, o meglio il modo di essere tifoso di Gianni Agnelli è diventato quasi un codice comportamentale che ha influenzato molto il popolo juventino, fino quasi a poter affermare che se uno juventino è come è adesso lo deve anche a lui, quasi ci fosse un legame genetico. D’altronde è indiscutibile che molte sequenze del DNA bianconero siano le sue e si tramandino anche alle generazioni che lo hanno recuperato su Youtube o Wikipedia. Ma, in fondo, non è così per moltissimi club che hanno avuto presidenti o proprietari iconici e leggendari? Sì, ma non del tutto. L’unicità della Juventus e, quindi, della juventinità è di aver avuto la stessa proprietà per cento anni su centoventicinque di storia. Non solo, la proprietà di una famiglia che ha sempre ritenuto il club qualcosa di sacro, con tradizioni così inviolabili da essere diventati riti, riti laici certo, ma sempre riti (basti pensare a Villar Perosa) che nessun altro club al mondo può vantare. E, in fondo, anche l’Avvocato ce l’ha avuto solo la Juventus.

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