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Moggi: Alla Juve manca il gioco. Allegri presuntuoso. Su Miretti, Iling e Pogba...

Intervista all’ex dirigente bianconero: “Il Golden Boy Gavi? Non è solo talento. Ha classe e personalità”

Ha festeggiato da tempo le nozze d’oro con il mondo del calcio. Ma per la sua determinazione, la sua verve, il suo spirito indomito e la sua lucidità, sembra che di anni ne siano passati tanti, tantissimi meno. Luciano Moggi, classe 1937, sin da quando lavorava negli Anni ’70 come talent-scout e capo degli osservatori della Juve, ha sempre avuto un occhio di riguardo per le giovani promesse. Era un suo punto d’orgoglio andare a scovarle anche nei campetti minori per poi lanciarle negli “arenghi” più prestigiosi. Perciò ha sempre apprezzato il Golden Boy, trofeo internazionale di Tuttosport - giunto alla ventesima edizione - riservato al miglior Under 21 europeo dell’anno.

Moggi, concorda con il successo di Gavi?

«Sì, trionfo più che meritato. Sebbene abbia appena compiuto 18 anni, è già un calciatore fatto e finito. Dà la sua impronta alla squadra, Barcellona o Spagna che sia. Ha tutto: tecnica, intelligenza tattica, fantasia, scaltrezza nel sapersi interscambiare con il gemello Pedri, pure forza fisica. E poi quella giusta sfrontatezza, quella sfacciataggine tipica dei teenager. Sintomi di grande personalità».

Bellingham è giunto di nuovo secondo dopo che l’anno scorso era stato superato dall’altro blaugrana Pedri.

«Sfortuna per lui, ma ci sta. Perché Gavi è più forte, ha più estro, può diventare un fuoriclasse. Bellingham è molto bravo, ma sta un gradino sotto. E comunque il centrocampista del Borussia Dortmund potrà ritentare e magari rifarsi fra un anno, essendo del 2003».

Al terzo posto s’è piazzato Camavinga.

«Se il Golden Boy 2022 fosse stato assegnato dopo la conquista della Champions da parte del Real Madrid, diciamo entro il 30 giugno, credo che avrebbe vinto proprio lui. Ma poi il Real ha preso Tchouameni al posto di Casemiro e Camavinga ha perso minutaggio. Bisogna avere un carattere d’acciaio anche a quell’età, non mollare mai. Non lasciarsi abbattere. Ricordo che quand’ero alla Juve venni criticato per aver acquistato dal Metz il centrocampista Blanchard: era un ottimo giocatore, partì bene, ma poi s’infortunò, andò un po’ in depressione e al rientro non seppe più riconquistarsi il posto né con Lippi né con Ancelotti».

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