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Dolori di mercato e valori da Juventus

Non è facile - né sarebbe formalmente corretto - definire fallimentare un mercato in cui hai portato a casa gente come Pogba, Di Maria, Paredes. Diventa difficile però non considerarlo quantomeno sfortunato, se non incauto, riflettendo sul fatto che dopo due mesi di calcio giocato (e parecchio sofferto, in casa juventina) Pogba, tra malanni fisici e inquietanti vicende personali, non ha ancora toccato palla, Di Maria si è già infortunato tre volte (al netto d’un altro tipo di infortunio, l’inopinato raptus da espulsione a Monza) e adesso s’è fatto male Paredes (lesione muscolare alla coscia sinistra). Per carità, clinicamente l’argentino dovrebbe averne solo per 15 giorni, ma si sa come butta quest’anno: a novembre ci sono i Mondiali, nessuno ha voglia di rischiare, specie se rientri da stiramentini, strappetti e affini. E poi, diciamocelo: se fin qui Di Maria, quando ha giocato, ha reso l’idea di cosa voglia dire fare la differenza, non è che Paredes abbia esattamente fatto rimpiangere Pirlo. La verità è che gli effetti più benefici del mercato, finora, sono arrivati dai rinforzi mediaticamente meno seduttivi ma tecnicamente più produttivi: Bremer in difesa, Kostic sulla fascia, Milik in attacco. E che la Juve è chiamata a rimettere in sesto la stagione ripiegando sull’usato più o meno sicuro. Specie a metà campo, dove sino a pochi anni fa soleva eccellere, in Italia sempre e in Champions spesso. Ma pure l’usato, quando non significa usurato, può rivelarsi un buon affare. Se oltre ai vecchi giocatori recuperi pure i vecchi valori da Vecchia Signora, chiaro.

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