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Tra Italia e Juve, Bernardeschi spacca

Ciamillo

Una certezza per Mancini: «Con noi ha sempre fatto bene». Ma in bianconero non ha ancora convinto pienamente

Questione di Fede, in un certo senso. C’è chi ci crede, in Federico Bernardeschi, e chi proprio no. O comunque meno. Tra agnosticismo e pentimenti vari. Roberto Mancini, ad esempio, pare crederci convintamente. E lo dice chiaro e tondo: «Bernardeschi è una certezza». Farà parte dell’Euro-Gruppo. La maggior parte dei tecnici che hanno guidato la Juventus dal 2017 in poi, invece, qualche dubbio in merito alla funzionalità dell’ex viola al progetto bianconero l’ha maturato. E l’ha tradotto, con i fatti, in un utilizzo a singhiozzo del giocatore. Il quale, da parte sua, non è mai riuscito a fare pienamente breccia nemmanco nella piazza. I tifosi, anzi, sono parsi fin troppo severi nell’individuarlo quale capro espiatorio in talune situazioni difficili.

La costante, paradossale, è che - andando a ritroso - sia Andrea Pirlo, sia Maurizio Sarri, sia Massimiliano Allegri erano partiti con aspettative e buoni propositi in quantità, salvo poi rivedere i piani strada facendo. In maniera più o meno radicale. Tutti convinti che la chiave risiedesse nel ridefinire, correggere, aggiustare la collocazione tattica di Bernardeschi rispetto alla “precedente annata” per vederlo finalmente sbocciare al pari del l’effettivo potenziale. Epperò quella posizione ottimale pare non essere ancora stata individuata. E il paradosso per il quale Bernardeschi ha coltivato la sua carriera azzurra a dispetto degli alti e bassi bianconeri è andato via via crescendo.

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