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Juve nella storia per forza d'inerzia e per grazia di Ronaldo

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La Juve entra nella storia per forza d’inerzia e per grazia di Cristiano Ronaldo, Marziano ancora una volta decisivo e non per caso, sia per avere sbloccato una partita che minacciava di complicarsi terribilmente sia perché dal suo piede è partito il tiro respinto da Audero e ribadito in rete da Bernardeschi, a secco in Serie A da ventidue mesi. E pazienza se la traversa ha respinto la cannonata di destro, registrando il secondo rigore fallito dal fuoriclasse. Grazie al nono scudetto consecutivo, i Campioni d’Italia sono la prima squadra a stabilire questo primato nei primi cinque tornei europei e rendono Andrea Agnelli il presidente della Juve che ha vinto il maggior numero di trofei fra campionato e trofei nazionali (9 scudetti, 4 Coppe Italia e 4 Supercoppe). In attesa di firmare il primo titolo tricolore della carriera, capace di realizzare un’impresa magnifica per chi, trent’anni fa era partito dallo Stia in Seconda Categoria, Maurizio Sarri aveva fatto una professione d’umiltà: «Non sono i giocatori che si devono adeguare al mio gioco, ma sono io che mi devo adattare alle caratteristiche dei singoli». Può essere. Ora, però, delle due l’una: o l’allenatore si dà una mossa o la mossa se la danno i giocatori.

Questa non intende essere una critica di lesa maestà agli immarcescibili padroni della Serie A. Sottolineare la grandezza sportiva di un’impresa che definire storica è doveroso ed altrettanto facile è preconizzare quanto difficilmente sarà emulabile nei decenni a venire. Tuttavia, proprio per questo non si può far finta di ignorare che il finale di stagione bianconero, aspettando il Lione, abbia messo in mostra una squadra atleticamente stanca e provata in modo palese dal ritmo forsennato del calendario dettato dal Covid. Occhio: questa non deve essere un’attenuante perché il calendario vale per tutti, anche se Conte, come sappiamo non è d’accordo, ma questo è un altro discorso. Ciò che inquieta la Juve e i milioni di suoi tifosi in impaziente attesa di una Coppa che inseguono da ventiquattro anni, è il vistoso non gioco del Gruppo Sarri. L’ha impietosamente messo a nudo l’ottima Samp del magnifico Ranieri che, non a caso, aveva vinto cinque delle sette gare precedenti il confronto di ieri sera.

Un anno fa, l’Era Sarri era stata salutata con entusiasmo dai milioni di sostenitori bianconeri che rimproveravano ad Allegri un eccesso di pragmatismo, ad onta degli undici trofei fra scudetti e coppe, allineati nella bacheca del J Museum dal signore di Livorno. Gli applausi che salutarono l’arrivo dell’ex Chelsea scaturivano dalla convinzione che, alla buon’ora, la Juve avrebbe giocato come il Napoli sarriano e qui sta il peccato originale del Grande Equivoco. Nessuna squadra può essere uguale a un’altra poiché gli interpreti sono diversi e per quanto l’allenatore sia lo stesso, il copione fatalmente cambia.

Questa Juve va a Forza 9 che non rappresenta il massimo nella scala di Beaufort, misura empirica della forza del vento fissata in 12 gradi o numeri, poi portati a 17 per la misurazione della forza dei vari tipi di uragani. Il 9 corrisponde a burrasca forte, il 12 all’uragano. In questa Juve, la potenza dell’uragano l’ha Cristiano Ronaldo, con de Ligt, Szczesny, Dybala, Bentancur e Bonucci (nella parte ante Covid), degni interpreti del canovaccio tricolore. Gli altri hanno lodevolmente intonato il coro, eppure, per suonare il Lione ci vorrà un concerto senza stecche e ricco di acuti. In Champions la Juve deve suonare un’altra musica. Sarri lo sa. La Juve anche. Ma, oggi, l’una e l’altra meritano solo i complimenti che si devono ai migliori. Il campo ha parlato e ha parlato forte e chiaro.

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