TORINO - La valigia non era ancora pronta, ma adesso può anche aspettare perché il futuro non è necessariamente lontano da Torino e dalla Juventus. Certo, non basta una prestazione da campione - tra un geniale colpo di tacco a innescare il gol di Paulo Dybala e un tiro deviato dal portiere sul palo nella ripresa, che avrebbe fatto urlare a un eurogol - a cambiare il corso della carriera, però aiuta. E Federico Bernardeschi è ritornato dalla trasferta a Bologna con la convinzione che si è appropriato del proprio destino. Era iniziato maluccio il suo post-Covid perché non era riuscito, in Coppa Italia, a trasferire sul campo la grande concentrazione mostrata in allenamento: nei due scampoli di partita - mezz’ora con il Milan, un quarto d’ora nella finale contro il Napoli - la sua apparente anarchia tattica non era piaciuta a Maurizio Sarri né il centrocampista era stato in grado, con il suo ingresso, a cambiare il volto della Juventus, anzi qualche suo svarione aveva procurato affanno alla difesa bianconera esaltando le doti di Gigi Buffon.

Nonostante ciò, il tecnico bianconero lo ha sempre difeso e a Bologna gli ha consegnato una maglia da titolare, che Bernardeschi non indossava dal 7 dicembre, dalla sconfitta in casa della Lazio. Una grande iniezione di fiducia che Fede non ha tradito, esaltandosi ed esaltando i compagni con lampi di una classe che non era mai venuta meno, però si era assopita durante i tanti mesi passati in disparte, anche prima del Coronavirus. Ora Bernardeschi è ripartito con prepotenza, piazzato esterno destro nel tridente d’attacco, dove di solito agiscono Douglas Costa o Juan Cuadrado: non sarà un caso la sua prova eccellente a Bologna, perché quella è la posizione in cui si trova meglio.

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